Parlamento chiuso per ferie, com i provvedimenti politicamente più sensibili rimandati a settembre. La riforma della cittadinanza con lo ius soli, la riforma dei vitalizi dei parlamentari, il biotestamento: tutti provvedimenti che hanno ottenuto il via libera della Camera e che però rischiano di insabbiarsi in Senato dove come è noto i numeri della maggioranza sono risicatissimi.
Basta dare un occhio a come sono andati gli ultimi voti di fiducia a Palazzo Madama per rendersi conto delle difficoltà con cui devono confrontarsi i capigruppo, a cominciare dal presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda: dai 144 sì incassati lo scorso 15 giugno sulla manovrina si è passati ai 154 ottenuti sul decreto Sud per finire ai 148 con i quali ha ottenuto il via libera il decreto banche venete. E anche il Ddl concorrenza appena approvato ha ottenuto 146 sì. Ben al di sotto della maggioranza assoluta dei componenti dell’Aula, 161, con cui a settembre dovrà essere approvata la nota di aggiornamento al Def che precede la legge di bilancio. O meglio, a dover essere approvata con la maggioranza assoluta dei voti è la lettera del governo al Parlamento con la quale, in base al nuovo articolo 81, si chiede l’autorizzazione allo scostamento di medio termine dal deficit: si tratta in sostanza dell’autorizzazione a passare dall’1,2 previsto all’1,7 o 8 in modo da avere maggiori risorse da investire sulla crescita e sul lavoro giovanile. Mentre la nota di aggiornamento al Def vera e propria può essere approvata a maggioranza semplice. «Occorre distinguere nettamente il voto sulla lettera al Parlamento e il voto sulla nota di aggiornamento. Nel primo caso possiamo puntare su una maggioranza più ampia di quella che sostiene il governo, perché è anche interesse degli altri gruppi parlamentari dare il via libera a maggiori fondi da utilizzare per il Paese – dice il presidente della commissione Bilancio del Senato Giorgio Tonini -. Diverso è il voto, più politico, sulla nota di aggiornamento vera e propria e sulla legge di bilancio».
Insomma, a tirare fuori dall’impaccio il governo nella votazione che necessiterà di 161 sì potrà essere Forza Italia, che già in molti casi dà il suo aiuto indiretto con il gioco delle assenze in Aula per far abbassare il quorum. Ma certo in queste condizioni, e con i bersaniani di Mdp che tendono sempre più a distinguersi dal governo, è difficile che i provvedimenti più sensibili riescano ad andare in porto. Sullo ius soli e sul biotestamento c’è l’opposizione dei centristi di Ap. Quanto alla riforma dei vitalizi, in Senato i voti di Pd e M5S non bastano a raggiungere la maggioranza e si può prevedere la resistenza del “corpaccione” dei senatori del gruppo misto, molti dei quali non rientreranno in Parlamento nella prossima legislatura.
Su un altro fronte, invece, il capogruppo dem Zanda si dice ottimista: quello della riforma dei regolamenti parlamentari. Zanda è il coordinatore di un comitato nominato dal presidente del Senato Pietro Grasso e formato dai senatori Anna Maria Bernini (Fi), Roberto Calderoli (Lega) e Maurizio Buccarella (M5S). «Il lavoro è a buon punto e, assieme alla nota di variazione al Def e alla legge di bilancio, la riforma dei regolamenti è un obiettivo raggiungibile», dice Zanda. Gli obiettivi della riforma sono la riduzione della frammentazione dei gruppi parlamentari (con uno stop alla formazione di nuovi gruppi se non corrispondenti a partiti presentatisi alle elezioni) e la riduzione del ricorso alla decretazione d’urgenza, ai decreti non omogenei (i cosiddetti omnibus) e ai maxiemendamenti. Numeri in Aula permettendo.
Emilia Patta – Il Sole 24 Ore – 4 agosto 2017