E’ quanto emerge dal Rapporto semestrale dell’Aran sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti. Per il “benessere del personale” dipendente, che comprendete misure quali i contributi per spese sanitarie, protesi, sussidi e rimborsi delle rette per l’accesso agli asili nido, il personale del Ssn è fanalino di coda con una spesa di 2 euro l’anno contro una media di 34 euro degli altri comparti della PA. Il welfare aziendale è l’insieme di benefit e servizi, forniti dall’azienda ai propri dipendenti per migliorare la vita privata e lavorativa. In un’ottica più innovativa, si stanno sviluppando i cosiddetti modelli di welfare aziendale 2.0, in cui una parte della retribuzione variabile è integrata con servizi interni al personale. In tal modo, i benefit divengono il terzo pilastro della retribuzione, complementare allo stipendio base e ai tradizionali sistemi di incentivazione.
Un esempio sono le cosiddette “misure per il benessere del personale” quali i contributi per spese sanitarie, protesi, sussidi, rimborsi della tassa di iscrizione ad albi professionali, rimborsi delle rette per l’accesso agli asili nido, rimborsi per gli abbonamenti al trasporto pubblico.
Ma come si configura, la spesa per il benessere del personale sostenuta in ciascuno dei comparti della pubblica amministrazione? In modo tanto articolato quando disomogeneo: si passa, infatti, da un valore medio pro-capite di 1.761 euro spesi per i dipendenti delle Autorithy ai soli 2 euro medi l’anno per i dipendenti del Servizio sanitario nazionale. La sanità, fanalino di coda in questa classifica, ne esce come la più “maltrattata” anche se si guarda al beneficio procapite medio annuo dei comparti della Pubblica Amministrazione, la cui media generale è di 34 euro l’anno. In questa classifica 120 euro vanno alle Università, circa 30 euro alle Regioni, 123 euro per i ministeri, 498 euro per gli enti di ricerca, 574 per gli enti pubblici non economici, e 674 per le amministrazioni pubbliche. Questi i dati che emergono dall’analisi dell’Aran sul welfare aziendale, contenuto nel “Rapporto semestrale sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti” riferito a fine 2014.
Come spiegato nel Rapporto, il Ssn fa parte di quel gruppo di amministrazioni che impiegano cifre trascurabili per il welfare nonostante comprendano gran parte del personale in servizio nelle amministrazioni pubbliche considerate, “che pesano per più del 90% sull’intero universo del personale della Pa (70% se si considerano solo i comparti contrattualizzati) e che pertanto influiscono in misura molto rilevante sulla media generale e quindi sui risultati generali di questa prima analisi della spesa per il benessere del personale nella amministrazioni pubbliche”.
Ad aggravare questa situazione è la dinamica delle retribuzioni. In un confronto 2013 su 2000, gli enti sanitari registrano un aumento del 28,8% nei tredici anni considerati. Un dato positivo dunque? No, tutt’altro. Ad una più attenta analisi, infatti, se si guarda ai tassi di inflazione effettivi cumulati nello stesso periodo, si può notare come questi raggiungano un tasso del 32,5%. Il che comporta una perdita delle retribuzioni del -3,7%.
Giovanni Rodriquez – Quotidiano sanità – 31 maggio 2015