Il «West Nile», secondo uno studio della Regione e dell’università di Padova, ormai è di casa in Veneto e per gli esperti «sarà necessaria una sorveglianza più stretta». Nelle regioni del Nord-est dell’Italia il virus West Nile è diventato endemico e già a metà luglio è stato rilevato il primo donatore di sangue positivo al virus, con un ceppo diverso da quello responsabile del focolaio che si era registrato nel nord Italia nel 2008 e 2009. È quanto emerge da uno studio della regione Veneto e l’università di Padova, pubblicato su «Eurosurveillance», da cui si evince che l’attività del virus in quest’area è iniziata prima del previsto e che sono in circolazione nuovi ceppi virali. Il virus del Nilo occidentale è emerso negli ultimi anni in Europa centrale e orientale e nei paesi mediterranei, e le epidemie in queste aree stanno diventando sempre più frequenti.
In Italia il primo caso umano risale al 2008, nel delta del Po. In Veneto, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia, nel 2008-9 ci sono stati vari focolai tra i cavalli, e il virus è circolato grazie a uccelli e zanzare. Nel 2010 sono stati segnalati casi solo in Veneto in aree più settentrionali, mentre nel 2011 sono state coinvolte sia le regioni del nord-est, che Sardegna e Marche. Il ceppo virale identificato nel donatore veneto quest’anno è lo stesso di quello rilevato l’anno scorso in un altro donatore di sangue, che risiede nella stessa area, vicino il fiume Livenza.
«Il che dimostra che il virus è riuscito a svernare – spiega Giorgio Palù, uno degli autori dello studio – nelle aree umide vicino il fiume, dove probabilmente ha stabilito il suo ciclo endemico». In questi anni il periodo di sorveglianza dei casi umani di West Nile durava dal 15 giugno al 30 novembre, mentre i test di screening su sangue, tessuti e organi da donare dal 15 luglio al 30 novembre. Poichè la maggior parte dei casi si aveva a settembre, e pochi a luglio e agosto, è stato inaspettato per i ricercatori trovare un donatore positivo già il 15 luglio. Il che fa pensare «che vi sarà un aumento – conclude – dell’attività del virus e che sarà necessaria una sorveglianza più stretta».
Ma non è solo il West Nile a far suonare il campanello d’allarme: tra le nuove minacce in campo infettivo figurano il Dengue, il Chikungunya, il Crimean Congo haermorrahagic fever virus e l’Hantavirus. Agenti patogeni di importazione che non esistevano prima in Italia.
Non è solo la globalizzazione a far muovere persone e merci, anche i virus si spostano e portano nuove malattie dove non erano mai state affrontate prima. Secondo Palù le vie per sconfiggere gli attacchi di questi nuovi virus sono due: da una parte la Ricerca, dall’altra la disinfestazione. Anche il dipartimento Prevenzione della Regione Veneto si è attivato con un piano di sorveglianza straordinario West Nile-febbri estive.
Il direttore del dipartimento di Medicina Molecolare sottolinea come le azioni intraprese dalla Regione abbiano contribuito ad una migliore identificazione dei casi di malattia e al contenimento e alla diffusione del virus
L’Arena – 25 agosto 2012