È entrato in funzione il moderno impianto consortile in località Campostrin: sarà usato anche per il teleriscaldamento. Unico al mondo, tratta e depura i reflui zootecnici di cinquanta aziende della Lessinia: è il primo in Italia a garantire il ciclo chiuso
A due anni e mezzo dall’autorizzazione regionale, a due anni dalla posa della prima pietra e a sei mesi dal completamento del carico che ha innescato l’avviamento dell’impianto a biomasse per il trattamento dei reflui zootecnici di Sant’Anna d’Alfaedo, si è potuto con soddisfazione tagliare il nastro di un impianto che è il primo in Italia ad essere costruito e autorizzato a ciclo chiuso, cioè dal letame alla depurazione tutto nello stesso impianto. Sorge a Campostrin, a un chilometro dal paese, sulla strada per Erbezzo, e qui già dallo scorso novembre gli allevatori riuniti in consorzio trasferiscono i reflui delle proprie aziende, biomasse di origine zootecnica (letame e liquame bovino, suino e pollina), per la produzione di energia elettrica e acqua calda necessaria al funzionamento dell’impianto e che, in parte, sarà distribuita per il teleriscaldamento quando il Comune avrà completato il terzo lotto dei lavori della scuola media per la quale è in graduatoria nei fondi destinati ai Comuni di confine per 1,3 milioni di euro. Ci sono voluti due mesi per riempire l’impianto di reflui e altri due mesi per avviare il ciclo batterico della carica microbica: da novembre a maggio un lunga fase di avviamento, e ora tutto funziona a regime. Il 90 per cento del carbonio derivato dalla trasformazione degli elementi assunti con l’alimentazione dall’animale resta nel suo organismo mentre solo il 10 per cento finisce nelle deiezioni. Di questa parte solo l’8 per cento è a sua volta trattato dai batteri in un arco temporale di circa 60 giorni: in pratica trasformano il carbonio in biogas che è per il 60 per cento metano e per la parte restante azoto, ossigeno e altri gas. È del metano, che se fosse libero in atmosfera sarebbe tossico e contribuirebbe all’erosione dell’ozono, che si occupa l’impianto, ricavando da 150 metri cubi di letame solido e liquido 999 kilowattora di energia elettrica immessa sulla rete Enel e un megawatt di energia termica. Alla fine del processo rimangono una parte solida (un quinto dell’intero letame conferito) che è ammendante biologico certificato, completamente inodore, e può essere sparso sulle coltivazioni, e una parte liquida (un dodicesimo) che viene depurato e per il momento versato nella rete fognaria grazie all’autorizzazione di Acque Veronesi «ma è un peccato che sia buttato perché che in altre regioni è permessa la distribuzione in pieno campo come fertilizzante, rivela Antonio Bertolotto, amministratore delegato di Marcopolo Engineering, l’azienda di Borgo San Dalmazzo (Cuneo) che ha costruito l’impianto di Campostrin. «Siamo in fase sperimentale», aggiunge, «perché stiamo utilizzando il liquido su varie culture monitorate da studi di ricercatori universitari che ne calcolano gli effetti fertilizzanti. Credo che nell’arco di un anno riusciremo ad ottenere l’autorizzazione per la commercializzazione del prodotto anche sui banchi dei supermercati». Racconta quanto sia stato difficile partire con questo impianto «perché ne abbiamo costruiti altri, ma a servizio di una sola azienda: qui, caso unico al mondo, convergono con i loro conferimenti una cinquantina di soci che hanno altrettante aziende, ognuna con un disciplinare di alimentazione per i propri animali. Ma i due digestori funzionano di fatto come il nostro stomaco e il nostro intestino che hanno bisogno di diversi apporti alimentari e non si può concentrare in uno stesso giorno tutto lo stesso cibo. La varietà garantisce il buon funzionamento dei nostri organi come dei digestori a flora microbica». Per questo i mesi passati sono serviti a costruire una tabella dei conferimenti che permettano il buon funzionamento dell’impianto, mentre sensori di sicurezza tengono monitorato l’impianto correggendo giorno per giorno il bisogno di deiezioni più acide o basiche permettendo il perfetto equilibrio del composto. L’appello del costruttore, rivolto agli amministratori presenti all’inaugurazione è stato: «Agevolate questi impianti perché danno lavoro alla ricerca, aiutano gli allevatori a continuare il loro lavoro restando nelle aziende che amano, preservando la montagna dal degrado e conservando le tipicità dei luoghi e dei prodotti». E per restare in tema della salvaguardia dell’ambiente, il pranzo per gli ospiti presenti all’inaugurazione è stato offerto con piatti e posate in Mater-bi, ricavato dal mais o dalla canna da zucchero, prodotti dalla trentina Usobio.
L’Arena 5 giugno 2012