di Enrico La Greca*.Hobson, Buster, Nabi, Cloe, Tinker, sono i cani le cui vite si sono intrecciate, per un breve periodo, con quelle di sette giovani donne; condividendo spazi, giochi, difficoltà, desideri ed emozioni. Cinque cani con un passato di abbandono e maltrattamento ospitati presso il rifugio del cane di Vicenza, che hanno partecipato al progetto pilota di pet therapy “Argo, un cane per amico”, rivolto a un gruppo di giovani donne seguite dal Servizio per i Disturbi del Comportamento Alimentare dell’Ulss 4 “Alto Vicentino”. La forza di questo progetto deriva dalla collaborazione di molteplici e diverse professionalità: le dottoresse Cinzia Ionata e Arianna Bigarella, psicologhe – psicoterapeute del Servizio ambulatoriale per il trattamento dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) dell’Ulss 4 “Alto Vicentino”; il dottor Ivano Scorzato, medico veterinario dell’Ulss 4; la dottoressa Chiara Menardi, educatrice professionale; la dottoressa Michela Romano psicologa – psicoterapeuta del Centro Pet Therapy dell’Ulss 4 “Alto Vicentino”; i Veterinari dell’Ulss 6 “Vicenza” con i dottori Enrico La Greca, Daniele Baldin e Mariangela Scarpino; e l’Enpa di Vicenza con i suoi preziosi operatori presenti all’interno del rifugio.
Il tutto è stato condiviso, fortemente voluto e sostenuto dal RotarAct Club di Sandrigo perchè ritenuto altamente in sintonia con gli obiettivi ed il motto stesso dell’Associazion “service above self” (servire al di sopra di ogni interesse personale).
I DCA (Disturbi del Comportamento Alimentare) rientrano tra le psicopatologie dell’adolescenza sebbene studi recenti riportino che stanno diventando sempre più una patologia anche del bambino e dell’adulto.
Tale disturbo nasce come tentativo disadattivo di cura di sé per sviluppare, attraverso la disciplina del corpo, un senso di individualità e di efficacia personale. Nel tenere il corpo “bambino” l’adolescente tenta di non crescere ed evitare dunque quelle modificazioni – psicologiche, cognitive, fisiche, sociali – tipiche del diventare adulti.
Il percorso di cura con questi pazienti risulta tutt’altro che semplice in quanto, preoccupati dai cambiamenti e dalle relazioni “intime”, sono fortemente resistenti alla costruzione di un’alleanza terapeutica. Un lavoro sinergico fatto da più specialisti riesce nella maggior parte dei casi a portarli ad un peso adeguato alla sopravvivenza, e magari a sviluppare maggiori abilità adattative, ma risulta difficile modificare il loro bisogno di controllo. Cioè essi continuano a non fidarsi, apparentemente degli altri, in realtà di se stessi. La comunicazione non è semplice; e ancora più difficile è entrare in contatto affettivo ed empatico autentico.
Cosa si intende esattamente per Pet Therapy?
Gli IAA, Interventi Assistiti con gli Animali, meglio conosciuti come pet therapy sono attività che permettono di entrare nella relazione di aiuto con chi ha un disagio, una sofferenza, una disabilità. Attraverso una equipe specializzata in pet therapy, referente di intervento (che può avere al suo interno diverse figure professionali: psicologo, educatore professionale, medico, veterinario, fisioterapista, riabilitatore, insegnante e coadiutore dell’animale), è possibile costruire dei percorsi di natura terapeutica, educativa, riabilitativa o anche ludico ricreativa, che permettono alla persona di migliorare lo stato di salute fisica, psichica, psicologica, di aumentare le competenze motorie, ecc. Infatti gli IAA comprendono le TAA, Terapia Assistita con gli Animali, le EAA Educazione Assistita con gli Animali, AAA, Attività Ludico Ricreativa Assistita con gli Animali.
Gli animali scelti per la pet therapy appartengono alle specie domestiche (cane, gatto, asino e cavallo sono i più utilizzati) e devono possedere requisiti comportamentali e relazionali certificati e/o riconosciuti da un Medico Veterinario. L’animale non è il vero terapeuta ma un “attivatore emozionale e motivazionale”, che aiuta il referente di intervento nel suo lavoro terapeutico o educativo, proprio grazie alle emozioni che riesce a suscitare nelle persone.
Il progetto Argo è nato dall’idea che il percorso di vita delle giovani donne e dei cani presenti nel rifugio fosse per qualche aspetto simile, e che altrettanto simile potesse essere la strada da percorrere per un tratto assieme, verso un nuovo modello di vita. Ragazze ed animali erano entrambi spaventati dalle relazioni intime, da quella dimensione di vicinanza e disponibilità affettiva che fa battere il cuore.
Attraverso questo progetto le pazienti avrebbero potuto sperimentare una relazione di vicinanza e intimità attraverso canali relazionali e comunicativi differenti; l’animale infatti comunica e ricerca la persona con modalità assolutamente differenti da quelle utilizzate dalle persone. Da parte loro i cani scelti, tra quelli ospitati nel rifugio del cane di Vicenza e già inseriti nell’ambito di un percorso di adozione strutturato (che prende il nome di Progetto “Mondo Cane”), avrebbero potuto sperimentare a loro volta una relazione speciale in grado di diminuire gli aspetti di ansia, di insicurezza, di chiusura dell’animale rispetto all’uomo. Nel momento in cui anche il cane, attraverso questo lavoro diventa più sicuro di sé, vede l’uomo come un soggetto che può aiutarlo e di cui si può fidare. Sarà quindi più pronto ad affrontare un progetto di sgancio rispetto al canile, per andare incontro ad una vita finalmente differente e più gratificante rispetto a quella cui era abituato.
Il percorso è stato suddiviso in due parti. Una prima parte dove le giovani donne hanno imparato a conoscere e interagire con un gruppo di cani appositamente preparati presso il Centro Pet Therapy dell’Ulss 4 “Alto Vicentino”. In questa fase le pazienti hanno appreso le competenze teorico pratiche riguardanti la gestione e l’educazione del cane e le modalità di relazionarsi correttamente con esso. Partendo dal tema del progetto “dare ai cani del canile una seconda opportunità di vita”, sono state affrontate tematiche che, per le pazienti, potevano avere delle risonanze positive nel loro percorso terapeutico.
La seconda parte si è svolta presso il canile di Vicenza. Sono stati realizzati 10 incontri in cui le pazienti si sono occupate praticamente della socializzazione e dell’educazione di alcuni cani, con l’obiettivo di renderli più idonei all’adozione. Attraverso un lavoro di concerto fra Centro Pet Therapy, Servizio Veterinario dell’Ulss 6 “Vicenza” e volontari dell’ENPA di Vicenza, sono stati scelti e valutati un gruppo di cani che presentavano difficoltà soprattutto di tipo relazionale nei confronti dell’essere umano.
Tramite lavori individuali e di gruppo le pazienti, aiutate dallo psicologo dell’equipe del Centro Pet Therapy, sono state in grado di integrare le esperienze fatte attraverso la presenza dei cani, nella loro personale esperienza cognitiva ed emotiva. La presenza dell’animale e la relazione con esso le poneva in una dimensione emozionale particolare: da una parte la voglia di prendersi cura di quell’essere che si proponeva in modo dolce e simpatico. Dall’altra a dover esprimere e condividere azioni che coinvolgevano aspetti della loro intimità affettiva.
Entrando lentamente in contatto pieno con le proprie emozioni e con le risonanze emotive del gruppo ognuna, a suo modo e con i suoi tempi, ha riconosciuto, espresso e voluto affrontare la similitudine tra i propri problemi e quelli dei cani: scarsa fiducia negli altri, non sapere come gestire le relazioni di vicinanza/distanza dagli altri, aver bisogno di amore e nel contempo averne paura, non sentirsi in grado di gestire emozioni e relazioni. C’erano molte similitudini tra i due percorsi: entrambi i soggetti, ragazze e cani, avrebbero potuto migliorare le relazioni interpersonali e la consapevolezza di sé e quindi finalmente aprirsi ad esperienze di vita più gratificanti.
Molto interessanti e promettenti sono stati i risultati ottenuti, sia per le giovani donne sia per i cani.
Per quanto riguarda le pazienti i test somministrati hanno evidenziato, rispetto ad un gruppo di controllo (costituito da altre 7 pazienti che hanno continuato la classica terapia ambulatoriale), un miglioramento maggiore e più rapido nelle aree riguardanti l’autostima, le relazioni interpersonali- con la madre, il padre, i coetanei e gli insegnanti- e la regolazione emotiva, soprattutto nelle aree riguardanti l’ossessione – compulsione, ostilità, ansia fobica, psicoticismo e disturbo del sonno.
Altrettanto interessanti i risultati riferiti ai cani: le difficoltà legate alla paura e alla diffidenza verso le persone estranee sono notevolmente diminuite. Ma cosa altrettanto importante e interessante è stato proprio il coinvolgere nel progetto quei cani, che nel pensiero comune vengono usualmente definiti come soggetti “inutili” o addirittura di peso per la società, trasformandoli in strumenti importanti per veicolare all’interno di queste giovani donne un germoglio di fiducia e di responsabilità.
Ovviamente il fatto di lavorare in una dimensione terapeutica con la presenza di cani spaventati e preoccupati e con scarsa dimensione relazionale come quelli spesso presenti nei rifugi, richiede una grande preparazione, anche relativamente agli aspetti legati alla veterinaria ed alla gestione dell’animale. Parte del merito dei risultati ottenuti va quindi riconosciuta ai veterinari, agli educatori ed al personale del rifugio che hanno collaborato attivamente alla realizzazione di un’attività così importante. Tutto ciò per garantire la riuscita del progetto dal punto di vista del paziente, ma nel contempo assicurare il benessere dei cani. E addirittura per far sì che questa esperienza possa essere utile e gratificante anche per loro.
*Servizio sanità animale dell’Ulss 6 di Vicenza
Nelle foto alcuni momenti della terapia
7 maggio 2015