Entro la fine di marzo si saprà se e in che misura è diffuso in Italia e nell’Unione Europea il fenomeno della carne equina nascosta in cibi con manzo preconfezionati e congelati. Ieri infatti gli istituti zooprofilattici italiani e i servizi veterinari addetti alla sorveglianza hanno ricevuto dal ministero della Salute il piano sistematico di controlli predisposto in base alle indicazioni di Bruxelles. La Raccomandazione della Commissione del 19 febbraio relativa a un piano coordinato di controllo volto a stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari è stata pubblicata sulla Gazzetta europea di oggi. L’operazione scatta il primo marzo e consiste in due azioni distinte. Individuazione di specie equina non dichiarata in etichetta in prodotti a base di carne bovina e ricerca del fenilbutazone. Un totale di almeno 560 test da ripartirsi tra animali di origine italiana e straniera.
La Commissione raccomanda agli Stati membri di attuare un piano coordinato di controllo al fine di stabilire la prevalenza di pratiche fraudolente nella commercializzazione di determinati prodotti alimentari per un periodo di un mese. La durata di tale periodo può essere prorogata di altri due mesi. Il piano di controllo raccomandato dovrebbe comportare due azioni. La prima azione dovrebbe comprendere opportuni controlli, effettuati a livello della vendita al dettaglio, sui prodotti alimentari destinati al consumatore finale o alle collettività, commercializzati e/o etichettati come contenenti carni bovine. Questi controlli potrebbero anche essere estesi ad altri stabilimenti (ad esempio, depositi frigoriferi). L’obiettivo di tali controlli è stabilire se questi prodotti contengano carni equine, non indicate correttamente nell’etichettatura sull’imballaggio o, nel caso di prodotti alimentari senza imballaggio preconfezionato, se le informazioni relative alla presenza di carni equine non siano messe a disposizione del consumatore o delle collettività. Tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo.
Esistono metodi affidabili che consentono di rilevare con sufficiente accuratezza la presenza di proteine di specie non dichiarate in un campione. Il laboratorio di riferimento dell’Unione europea per le proteine animali nei mangimi può fornire utili indicazioni su tali metodi e sul loro uso. Le autorità competenti vanno invitate a basarsi sui pareri di tale laboratorio per quanto riguarda i metodi che possono essere utilizzati.
La seconda azione dovrebbe comprendere opportuni controlli effettuati negli stabilimenti che trattano carni equine destinate al consumo umano, compresi prodotti alimentari provenienti da paesi terzi, allo scopo di rilevare eventuali residui di fenilbutazone. Anche tali controlli dovrebbero essere effettuati su un campione rappresentativo, tenendo conto dei dati relativi alla produzione e alle importazioni. In questo caso è opportuno fare riferimento ai metodi previsti nella decisione 2002/657/CE della Commissione, del 12 agosto 2002, che attua la direttiva 96/23/CE del Consiglio relativa al rendimento dei metodi analitici e all’interpretazione dei risultati. Gli Stati membri dovrebbero comunicare regolarmente i risultati di questi controlli alla Commissione, al fine di valutare i risultati e di decidere in merito agli interventi più appropriati.
I Servizi Veterinari della Asl eseguiranno il Piano di monitoraggio predisposto anche in base alla Raccomandazione Ue del 19 febbraio, tramite il prelievo di prodotti, preferibilmente confezionati (carne macinata, hamburger refrigerati o congelati, sughi con carne macinata tipo ragù, carne in scatola, tortellini e ravioli con carne, cannelloni e lasagne) riportanti in etichetta la dizione “carne bovina”, presso la grande, media e piccola distribuzione. Ulteriori controlli verranno effettuati presso gli stabilimenti di produzione e commercializzazione sia tramite prelievo del prodotto e di materia prima sia tramite la verifica del sistema di tracciabilità previsto dall’azienda. Verranno controllati gli equidi vivi oggetto di scambio intracomunitario e destinati al macello ai fini della ricerca della sostanza fenilbutazone. Inoltre presso gli stabilimenti di macellazione si effettuano controlli per la ricerca del fenilbutazone nelle carni di animali macellati sia che questi siano nati ed allevati in Italia, sia che siano di origine comunitaria o provenienti da Paesi terzi. I campioni verranno inviati ai laboratori degli IZS individuati dal Ministero della Salute per la ricerca di identificazione di specie con analisi del DNA e per la ricerca del fenilbutazone.
ColdirettI: lo scandalo sarebbe l’occasione per rafforzare la tracciabilità
La presenza dell’antinfiammatorio è la prova inconfondibile dell’impiego nella preparazione di cibi di carni bandite dalla catena alimentare. I corridori a fine carriera non solo non possono essere abbattuti. Le carcasse vanno distrutte con procedure speciali proprio perché venga evitata la contaminazione con le carni di cavallo regolarmente commerciabili.
In attesa dei test europei ieri i Nas hanno continuato le loro indagini con l’obiettivo di analizzare almeno 250 campioni di primi piatti pronti o surgelati a base di manzo e verificare eventuali frodi. Tutti in regola agli stabilimenti Nestlé di Milano e Moretto, l’azienda che ha dovuto ritirare negli scorsi giorni tortellini e ravioli. Ieri la Repubblica Ceca è entrata nella lista dei Paesi dove sono stati venduti cibi con carni di cavallo non dichiarata. I consumi da noi non sembrerebbero calati, secondo il monitoraggio della grande distribuzione. Il Codacons sta valutando possibili azioni di risarcimento.
Come mettersi al sicuro dalle contaminazioni? «Orientarsi sull’acquisto di cibi a chilometro zero, quelli con la filiera corta e pochi passaggi dall’origine della materia prima alla vendita», suggeriscono gli esperti. Secondo Coldiretti gli inganni a tavola sono i più temuti da 6 italiani su 10. E la Cia: «Lo scandalo potrebbe essere l’occasione per rafforzare la tracciabilità». (Margherita De Bac – Corriere della Sera)
Caramelli: «Il pericolo viene dal farmaco per animali da corsa»
In prodotti da frigo a base di carne macinata, di manzo in etichetta, le autorità inglesi hanno trovato carne di cavallo. In 27 campioni sui tremila prelevati. Semplice frode? No. Perché in questa carne equina è stato trovato un antinfiammatorio, il fenilbutazone, vietato in Europa sia per gli uomini sia per gli animali della filiera alimentare (da macello o per la produzione di latte). Ma ammesso per i cavalli da corsa, che per legge non dovrebbero finire al macello. Il problema quindi non è la sola frode alimentare. L’aver messo un po’ di carne di cavallo al posto del manzo. «Vero — dice Maria Caramelli, direttore dell’Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta —. C’è carne equina che non dovrebbe finire nei piatti. E l’allerta è scattata in Gran Bretagna per un precedente di giugno, quando fu trovato fenilbutazone in carne equina fresca».
Esiste una «separazione delle carriere» per i cavalli? «Vi sono quelli allevati per essere mangiati e quelli per la corsa, per attività amatoriali, per affezione, per usi professionali (dai noleggi al traino di carrozzelle) — spiega Caramelli, autrice di un saggio sulla sicurezza alimentare nel nostro Paese (Per non scoprirlo mangiando), in libreria dal prossimo 28 febbraio —. I primi, quelli della filiera alimentare, sono controllati e non possono assumere sostanze vietate, come il fenilbutazone. I secondi, soprattutto quelli che corrono, in caso di traumi possono essere curati anche con sostanze vietate per l’uomo, ma non devono mai finire la loro esistenza in un macello. Vanno accuditi fino alla vecchiaia come “vecchi zii” e al decesso deve esserne denunciata la morte alla Asl perché vengano cremati». Solo sulla carta probabilmente… «Probabilmente». Ma i numeri? Quanti appartengono a una carriera e quanti all’altra? «In Italia ci sono circa 6 mila equini allevati a fini alimentari e sottoposti a controlli veterinari». E gli altri? «Circa 800 mila». A cui dovrebbero corrispondere poi delle cremazioni… In realtà non è così. Ci sono cavalli da corsa o da uso amatoriale che rientrano in un traffico illegale. Spariscono nel nulla. O meglio sembra finiscano in macelli dell’Est, Romania al primo posto, per poi rientrare… via ragù.
Ma non esiste un’anagrafe? «Ci sono banche dati presso l’Istituto zooprofilattico di Teramo. Quella bovina, dopo “mucca pazza”, funziona abbastanza bene — spiega Caramelli —. Quella equina deve essere migliorata. Per esempio, se un cavallo arriva dall’estero rientra nella banca dati solo se finisce al macello. E questo perché di recente nei muscoli di cavalli, maiali e cinghiali si può annidare un parassita (la trichina spiralis) che può essere letale nell’uomo. Ci sono stati venti casi in Toscana e sono scattati i controlli. Soprattutto perché il cavallo si mangia anche crudo».
D’ora in poi anche in Italia si cercheranno gli antinfiammatori nella carne equina fresca. Soprattutto se proveniente già macellata dall’estero. L’anagrafe c’è per gli equini da macello e per i purosangue. Manca la tracciabilità per tutti, come per i bovini. È il momento di introdurla. (Mario Pappagallo – Corriere della Sera)
21 febbraio 2013