Tagli affatto indolori, tasse implicite o minacciate. E ambizioni ridimensionate, rispetto agli annunci. Il decreto Imu, in arrivo alla Camera, non smette di stupire. Ora che il testo è ufficiale – man mano che viene ruminato e passato al setaccio da sindacati, imprese, contribuenti – riserva sorprese non sempre gradite. A partire dal taglio cospicuo alle detrazioni delle polizze vita e infortuni. Dal 2014, sei milioni e trecentomila italiani pagheranno fino a 200 euro in più di Irpef. Pur di far quadrare il decreto Imu e reperire i fondi per la Cig e gli esodati, il governo non esita a tagliare risorse destinate all’occupazione, alla lotta all’evasione, alla manutenzione ferroviaria, alle energie rinnovabili, alle forze dell’ordine. Il decreto costa 3 miliardi, quest’anno. E mezzo miliardo dal prossimo. Coperto come?
«Dove li trovavamo i fondi per gli esodati?», reagisce il sottosegretario all’Economia Baretta. «Tutti dicono che dobbiamo tagliare. Da qualche parte dovevamo iniziare. D’altronde, se ti tolgo un beneficio fiscale è perché ti sto chiedendo solidarietà. È legittimo non essere d’accordo. Ma se cancelliamo la norma, 6.500 esodati rimangono senza reddito». Baretta dunque non nega l’aggravio di tasse, seppur «indiretto». Ma invita a «relativizzare il problema».
TAGLI
Il decreto costa 3 miliardi, quest’anno. E mezzo miliardo dal prossimo. L’esborso più rivelante del 2013 è ovviamente l’Imu. Cancellare la prima rata comporta un rimborso ai sindaci pari a 2,3 miliardi. Coperto come? Quasi un miliardo arriva dai ministeri: 300 milioni di tagli su consumi intermedi e investimenti fissi (per metà alla Difesa) e 676 milioni di tagli alle autorizzazioni di spesa. Dentro questi 676 milioni, ben 300 vengono tolti alla manutenzione straordinaria della rete ferroviaria nazionale. E tutti entro dicembre. Che si aggiungono a 35 milioni sottratti all’Anas. E ai 55 milioni di minori fondi per assumere poliziotti, vigili, carabinieri, finanzieri, forestali, polizia penitenziaria. Segati persino 30 milioni al trattato di amicizia italo-libico. Un miliardo dai ministeri, dunque, che nelle intenzioni doveva somigliare a una spending review mirata.Ma che rischia di trasformare l’iter di conversione parlamentare del decreto in una battaglia permanente.
TASSE MINACCIATE
Gli altri due miliardi poi – indispensabili entro Natale – nascondono una mina vagante e due misure insidiose. La mina vagante pesa per un miliardo e mezzo ed è fatta di 600 milioni pari al condono ai produttori di slot machine (Confindustria giochi è convinta di non pagare la multa) e di 925 milioni di Iva extra attesi dai 7,2 miliardi di rimborsi in più di debiti pubblici alle imprese, da erogare entro la fine dell’anno (dai 10 annunciati). Queste due entrate vengono considerate deboli e da “monitorare”. Al punto che il governo è pronto a far scattare la “clausola di salvaguardia” dell’aumento degli acconti Ires e Irap in capo alle imprese e soprattutto le accise su alcol, tabacchi e benzina, qualora ci fosse un ammanco. Tasse minacciate, dunque. Più due misure insidiose: 250 milioni strappati al fondo della contrattazione di secondo livello (metà del rifinanziamento della Cig in deroga) e 300 milioni portati via dagli incentivi alle rinnovabili stipati nella Cassa conguagli del settore elettrico.
BALZELLI IMPLICITI
Poi c’è il taglio alle detrazioni sulle polizze. Che vale circa mezzo miliardo l’anno, a partire dal 2014. In parte, questi denari serviranno a salvaguardare altri 6.500 esodati per i quali si stanziano 583 milioni dal 2014 al 2019 (meno dei 700 milioni annunciati). Ma alzeranno l’Irpef ad oltre sei milioni di italiani. Infine, 200 milioni vengono presi (nel biennio 2014-2015) sottraendo risorse al Mose di Venezia. Altri 100 milioni dalla dote per il 2015 sulla rete ferroviaria del Terzo Valico dei Giovi e della linea Fortezza- Verona. Sullo sfondo, la Service tax (tutta da pensare ancora) e gli ipotetici risparmi che dovrebbe portare.
Polizze infortuni e malattia con detraibilità fiscale ridotta con effetto retroattivo dal 2013
Resta immutata solo la deducibilità dei versamenti per i fondi pensione e la sanità integrativa. Vengono penalizzati anche i contratti che proteggono dall’invalidità permanente e dalla non autosufficienza
Polizze infortuni e malattia con detraibilità fiscale ridotta con effetto retroattivo dal 2013. È questo uno degli effetti indotti dal decreto Imu, che per sterilizzare la prima rata della specifica imposta cerca risorse in ogni piega dell’ordinamento.
L’articolo 12 del Dl 102/13 è intervenuto, infatti, sui limiti alla detrazione dei premi assicurativi disciplinati dall’articolo 15, comma 1, lettera f) del Dpr 917/86 disponendo, con una norma già valida per l’anno d’imposta in corso, il dimezzamento della detraibilità dei premi versati per assicurazioni aventi ad oggetto il rischio di morte o invalidità permanente, che passa dagli attuali 1.291,14 euro a 630 euro per il periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013, per scendere ancora a 230 euro dal periodo d’imposta 2014. Il secondo comma estende, poi, tali limiti anche ai contratti di assicurazione sulla vita e sugli infortuni stipulati o non rinnovati entro il 31 dicembre 2000.
Ancor prima di valutare il contenuto e la condivisibilità della scelta di intervenire sulle predette polizze, bisogna evidenziare la problematica connessa alla retroattività della disposizione. In effetti, essa, in aperta “deroga” rispetto a quanto stabilito dallo Statuto dei diritti del contribuente, ha fissato la riduzione per la detrazione dei premi assicurativi con effetto già dal 2013 e così andrà a colpire anche i premi versati nei primi mesi dell’anno. Lo Statuto, infatti, sancisce che i rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente devono essere improntati ai principi della trasparenza e collaborazione disponendo, all’articolo 3 (“Efficacia temporale delle norme tributarie”), il divieto di emettere disposizioni con carattere retroattivo ed aggiungendo altresì che per i tributi di carattere periodico (quali Irpef ed Ires) «le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono».
Questa modalità di intervento, anche se espressamente derogata dallo stesso articolo 12 del Dl 102/13, costituisce un ulteriore esempio di come i diritti del contribuente vengono dal legislatore regolarmente disattesi.
Sul piano, poi, del contenuto la disposizione in questione stabilisce una riduzione delle agevolazioni fiscali riservate ai premi versati per i contratti di assicurazione disciplinati dall’articolo 15, comma 1, lettera f) del Dpr 917/86. Si tratta: 1 dei contratti aventi ad oggetto il rischio morte, nei quali rientrano sia quelli che prevedono l’erogazione della prestazione in caso di morte, sia quelli che prevedono l’erogazione anche in caso di permanenza in vita (in tale secondo caso si può beneficare della detrazione solo per la parte del premio riferibile al rischio morte); 1 dei contratti aventi ad oggetto il rischio d’invalidità permanente, sia se causata da infortuni sia se deriva da malattia; 1 dei contratti aventi ad oggetto il rischio di non autosufficienza che assicurano il rischio di non autosufficienza nel compimento in modo autonomo degli atti della vita quotidiana; 1 dei contratti di assicurazione sulla vita sottoscritti entro il 31 dicembre 2000.
Ai premi corrisposti in relazione a detti contratti il tetto massimo di detraibilità quindi passerà da euro 1.291,14, riconosciuto per l’anno d’imposta 2012, ad euro 630, previsto per il periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013, per poi ridursi ulteriormente fino ad euro 230 a decorrere dal periodo d’imposta 2014.
Restano esclusi dalla norma in questione i premi versati in relazione ai contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione sottoscritti dall’1 gennaio 2001 aventi prevalente contenuto finanziario per i quali non è, già, a oggi previsto alcun beneficio fiscale in termini di detraibilità.
Un discorso diverso, invece, va fatto per i contributi e premi versati per le forme pensionistiche complementari e per i contributi di assistenza sanitaria integrativa, esclusi dalla norma in questione, e per cui è invece prevista, entro determinati limiti, la deduzione dal reddito complessivo Irpef. Tale deduzione non è stata toccata dalla normativa in questione con la conseguenza che restano valide le deduzioni previste dal Tuir e più specificatamente: 1 per i contributi e premi versati alle forme pensionistiche complementari (cosiddetto fondi pensioni) l’articolo 10, comma 1, lettera e bis) del Dpr 917/986 stabilisce che sono deducibili dal reddito complessivo Irpef fino ad un massimo di euro 5.164,57; 1 per i contributi di assistenza sanitaria integrativa l’articolo 10, comma 1, lettera e bis del Dpr 917/986 stabilisce che sono deducibili dal reddito complessivo Irpef fino ad un massimo di euro 3.615,20.
Tipologie di polizze interessate e non interessate dai tagli alla detraibilità dei premi assicurativi
Repubblica e Il Sole 24 Ore – 3 settembre 2013