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Scenari Ttip. La Ue rilancia e punta a chiudere entro il 2015, il ministro Martina rassicura. Ma il fronte dei critici cresce

ttip m e calendaMentre il Consiglio Ue sul commercio, presieduto dal viceministro italiano Carlo Calenda, impegna Commissione ed Europarlamento alla ripresa del negoziato commerciale Usa-Ue per evitare uno slittamento e per chiuderlo entro il 2015, il dibattito sul Ttip continua. Al silenzio dei mesi scorsi è seguito un confronto a tratti acceso, anche se, in verità, molti temi e opzioni al centro dei negoziati rimangono avvolti nell’incertezza. Così mentre il ministro Maurizio Martina, nel riferire in commissione Agricoltura, ha assicurato che l’Europa potrà vietare i prodotti per cui non esistono sufficienti evidenze scientifiche che ne escludano la nocività, come gli Ogm, e che il principio di precauzione sarà salvo, i dubbi e le contrarietà di molti acquistano sempre maggiore forza. Trovando un alleato insperato nella cancelliera Angela Merkel che ha annunciato che la Germania mai e poi mai accetterà di firmare il trattato se vi fosse compreso il famigerato arbitrato internazionale.

Ma tornando al dibattito in commissione Agricoltura della Camera, Martina ha precisato che “è fatto salvo il principio di precauzione” vigente nell’Unione europea. La pratica in base alla quale, cioè, se su un prodotto non ci sono sufficienti evidenze scientifiche che ne escludono la nocività, ne viene bloccato il commercio in attesa di indagini più chiare. Un orientamento opposto a quello statunitense, che prevede la possibilità di vendere ogni prodotto fin quando non sia dimostrata la sua pericolosità per la salute. “Il mandato per le trattativeprevede per ciascuna delle parti il diritto a impedire gli scambi qualora le evidenze scientifiche non siano sufficienti – sottolinea il ministro – quindi non ci sarà nessun rischio per la sicurezza alimentare dei cittadini europei”.

Anche sui marchi e sulle indicazioni geografiche dei prodotti il ministro ha fornito rassicurazioni. “Il mandato negoziale prevede la tutela delle indicazioni geografiche tipiche come un punto fondamentale”, ha rimarcato, che sulla tutela dei marchi si sofferma sui “risultati importanti ottenuti nella trattativa tra Ue e Canada, dove è stato codificato il divieto di evocazione”. Una restrizione che impedisce di usare nomi e colori che evochino prodotti tipici o tradizionali di uno Stato, ma che hanno una origine del tutto diversa. “Anche se sappiamo che quanto ottenuto con il Canada non è affatto scontato per gli Usa, ci impegneremo per far passare il divieto di evocazione anche nel Ttip”.

zaccagnini“E’ il minimo che si possa pretendere che l’agroalimentare sia tutelato e che non si discuta neppure degli Ogm all’interno del Ttip – ha ribattuto Adriano Zaccagnini (Sel) – . Quello che sconcerta è il fatto che non ci si preoccupi del cibo spazzatura e del cibo con ingredienti geneticamente modificati che entreranno in Europa dagli Usa. Come credono di fermarlo? O forse non intendono fermarlo”. “La domanda interna del settore – ha proseguito – non beneficerà affatto del Ttip, lo faranno solo poche grandi corporation. Lo stesso presidente Monti dell’Ice ha affermato che il 90% dell’export italiano è in mano soltanto a 100 grandi aziende italiane. Quindi le piccole e medie aziende verranno danneggiate dal TTIP, perderanno competitività”. “Chiudere in fretta il trattato – ha sottolineato l’esponente di Sel – è solo un modo per non dare il tempo ai cittadini europei di comprendere la grande minaccia che porta con sè un accordo illegittimo e bloccarlo del tutto”. “In particolare il meccanismo degli Isds (Investor-state dispute settlement, ndr) è post-democrazia allo stato puro, un ritorno alla Lex Mercatoria medievale”, conclude Zaccagnini riferendosi al meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato, contemplato nel Ttip.

Anche Filippo Gallinella (M5s) ha posto la questione del meccanismo di risoluzione delle controversie tra imprese e Stati , il punto forse più controverso che riguarda il Ttip. Per Gallinella, “la prima fregatura del Ttip è proprio l’Isds”, e cioè la possibilità, per una impresa, di ricorrere a un arbitrato internazionale contro la decisione di uno Stato, nel caso in cui ritenga che questa abbia pregiudicato i suoi profitti o messo a rischio i suoi investimenti. “Se una multinazionale può fare causa allo Stato, davanti a un collegio arbitrale, per le decisioni che prendiamo in Parlamento – si è chiesto Gallinella – il Parlamento che ci sta a fare”?

Spostandoci in Europa la Commissaria Cecilia Malmström, responsabile europea per il Commercio ha spiegato che la Commissione affronterà  il processo di accordo transatlantico tenendo conto dei bisogni dei consumatori europei e prevedendo la cooperazione tra tutte le forze (politiche e della società civile organizzata) messe in campo per raggiungere l’accordo. I cittadini, ha spiegato la Commissaria, dovranno trarre da questo accordo un beneficio sia in termini economici sia in termini di sicurezza. L’accordo, infatti, porterà ad un abbassamento dei prezzi a fronte di una maggiore scelta, oltre a creare posti di lavoro altamente specializzati. I governi  degli Stati membri dovranno però garantire il rispetto degli standard europei di sicurezza, soprattutto in ambito alimentare. Chiudendo il suo intervento al convegno “TTIP e consumatori: il buono, il brutto e il cattivo”, la Malmström ha ribadito l’impegno della Commissione a fare in modo che venga raggiunto un successo tangibile in termini sia economici che sociali, rispettando le necessità di tutti i cittadini europei

E per rimanere in Europa riportiamo il resoconto odierno del Sole 24 Ore sulla risoluzione adottata ieri dal Consiglio Ue sul commercio e lo scenario che ItaliaOggi traccia del fronte di quanti sono critici sui negoziati. Partendo da Angela Merkel per finire  ai vescovi europei.

Guarda la puntata di Report sul Ttip a cui hanno partecipato i veterinari del Sivemp Veneto

Trattato con gli Usa, il sottosegretario Calenda: «Togliamo alibi agli Stati Uniti»

Chiudere entro il prossimo anno il negoziato commerciale Usa-Ue sulla base di un’agenda «ambiziosa ma realistica» per evitare lo slittamento al 2017 quando verrà insediata la nuova amministrazione americana. È questa la linea della presidenza italiana dell’Unione europea che impegna Commissione ed Europarlamento adottata ieri all’unanimità dal Consiglio Ue sul commercio presieduto dal viceministro dello sviluppo economico Carlo Calenda. Una ripresa del negoziato che è decisivo per l’Italia perché, come ha rilevato lo stesso Calenda, il nostro Paese sarebbe uno dei principali beneficiari (fino a mezzo punto di Pil, 8 miliardi di euro) dalla chiusura del negoziato con la riduzione di dazi e barriere che oggi penalizzano le esportazioni verso gli States di prodotti tessili, agroalimentare a macchinari.

Calenda ha tenuto a precisare dopo il Consiglio che «l’obiettivo è togliere ogni alibi agli Stati Uniti presentando un’Europa compatta ed evitando di mettere sul piatto questioni difficilmente risolvibili che trovano fondamento nelle differenze culturali e sociali tra le due sponde dell’Atlantico. È necessario chiudere entro il 2015 perche altrimenti dopo le elezioni presidenziali del 2016 gli Usa non solo avranno un’economia molto piu forte anche grazie al surplus energetico, ma anche un maggior accesso ai mercati grazie all’accordo in via di definizione, il Tpp, con ben 11 Paesi del Pacifico esclusa la Cina. E a quel punto la posizione negoziale dell’Europa sarebbe troppo debole. Ma c’è interesse anche da parte americana a chiudere prima il TTIP non solo perché è partito prima ma perché è visto come risposta a minacce geopolitiche che sono aumentate nel tempo».

Secondo Calenda la sconfitta elettorale subita da Obama nel voto di mid term non dovrebbe bloccare il processo negoziale: «Credo che l’amministrazione Usa abbia la possibilità di chiudere ambedue i trattati». Un’accelerazione necessaria per il TTIP (Transatlanic Trade and Investement Partnership) che necessita però di un impegno molto piu forte da parte di entrambi. Di tutto questo Calenda ha parlato ieri anche con il negoziatore americano di Obama per il commercio internazionale, Mike Froman che ha incontrato a Bruxelles anche il nuovo commissario al Commercio Cecilia Malmostroem. Il Consiglio ha anche accolto la tesi della presidenza italiana di dare il massimo sostegno al nuovo commissario per il cosiddeto “fresh start” (nuovo slancio) del negoziato evitando di riaprire la discussione sui contenuti del mandato negoziale ad esempio sulla controversa clausola arbitrale per la risoluzione delle controversie tra investiore e Stato. (Il Sole 24 Ore)

Dopo che la Merkel ne ha bocciato una clausola chiave, sul trattato Usa-Ue arriva anche il «no» dei vescovi europei

merkeldi Tino Oldani. Da quando, circa un mese fa, la cancelliera Angela Merkel ha deciso che la Germania mai e poi mai accetterà di firmare il trattato commerciale Usa-Ue (noto come Ttip), se vi fosse compresa la clausola Isds (Investor state dispute settlement), in Europa si è scatenata una vera e propria rincorsa ad allinearsi sulla stessa posizione politica. Sono così fioccati i distinguo della Commissione Ue, le prese di distanza della Francia, i ripensamenti dell’Italia. Da ultimo, perfino la Conferenza europea dei vescovi ha messo per iscritto le sue perplessità sul Ttip. Uno scenario che negli Stati Uniti, favorevoli da sempre al trattato, ha suscitato una forte preoccupazione, per non dire il timore di un naufragio completo del negoziato.

Non c’è dubbio che il vero ostacolo che sta paralizzando le trattative è la clausola Isds, che prevede l’istituzione di un unico tribunale internazionale per dirimere con un arbitrato le dispute tra gli Stati europei e le multinazionali, ove queste ultime si sentissero ostacolate dalle legislazioni nazionali nel commercio di prodotti agro-alimentari, o in altri settori, come sanità e farmaceutica. E non è un mistero che le multinazionali Usa non vedono l’ora di avere mano libera per esportare sul ricco mercato europeo i loro cibi prodotti con gli Ogm (organi geneticamente modificati) e le loro carni trattate con gli ormoni, mentre la maggioranza dei Paesi europei è decisamente contraria.

Il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, è stato il primo ad assecondare l’altolà della Merkel, e nel discorso di insediamento del nuovo esecutivo europeo, oltre a promettere i famosi 300 miliardi di investimenti, ha detto che «non accetterà mai una limitazione esterna che possa condizionare gli Stati membri nel regolare le dispute con gli investitori». Traduzione dal politichese: un diplomatico no alla clausola Isds.

Pochi giorni fa in Francia, parlando davanti al Senato, il ministro del Commercio estero, Matthias Fekl, è stato ancora più drastico: il governo di Parigi non solo non accetta la clausola Isds nel trattato Usa-Ue, ma esclude di poter firmare il Ttip entro la fine del 2015, per prendersi tutto il tempo necessario per approfondire altri aspetti del negoziato che, essendo stato condotto finora a porte chiuse, in totale segretezza, presenta numerose zone d’ombra. Uno schiaffo per il presidente Usa, Barack Obama, che voleva firmare il trattato entro la fine di quest’anno.

Per la verità, anche il premier Matteo Renzi, all’inizio del semestre europeo a guida italiana, pensava di poter apporre la propria firma sul Ttip prima del 31 dicembre. Non solo. Poco più di un mese fa, in un convegno a Roma alla presenza dell’ambasciatore Usa, John R. Phillips, aveva assicurato «l’appoggio totale e incondizionato» del suo governo al Ttip, pur non avendone mai letto neppure una pagina, per via delle trattative segrete. Ma ora anche Renzi deve avere cambiato opinione, visto che Giovanni Pittella (Pd), parlando come vicepresidente del Parlamento europeo, ha elogiato le parole di Juncker sul Ttip, aggiungendo: «Vogliamo un accordo con gli Stati Uniti, sì, ma non a tutti i costi. Per quanto ci riguarda, vuol dire che non ci dovrà essere nessun accordo che riduca gli standard legali e giuridici europei, né la protezione dei consumatori. Non si dovrà nemmeno mettere a rischio la protezione dei dati personali, e poi la risoluzione delle controversie commerciali non dovrà essere affidata a soggetti terzi». In pratica, un secco no all’arbitrato internazionale.

Stop-TTIPOltre a correggere la posizione dell’Italia sul Ttip, Pittella (d’accordo con Martin Schulz, presidente dell’europarlamento) è stato tra i promotori della risoluzione con cui il Parlamento europeo ha chiesto di porre fine alla segretezza delle trattative Usa-Ue, rendendo pubblici gli atti. Il tutto per consentire allo stesso Parlamento di poter votare in modo consapevole sul Ttip, quando il negoziato sarà concluso. Questo voto, a differenza del passato, non sarà più soltanto consultivo, e richiederà una maggioranza certa, che però – per ammissione di Juncker – al momento non esiste.

Al coro dei distinguo, infine, si è aggiunta anche la voce dei vescovi riuniti nella Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea), che ha dedicato al Ttip l’assemblea plenaria autunnale svoltasi il 13 novembre a Bruxelles. Dopo avere ascoltato un’ampia relazione dello spagnolo Garcia Bercero, direttore generale del Commercio presso la Commissione Ue, nonché negoziatore del Ttip, i vescovi europei hanno emesso un comunicato in cui si afferma che il trattato «solleva una serie di problemi e di controversie», per cui «la Chiesa deve far sentire la voce dei più deboli e dei più poveri in Europa e nel mondo, nella misura in cui saranno interessati dall’accordo di libero scambio». I vescovi europei si sono impegnati a elaborare un loro documento, che «formulerà una serie di domande critiche lasciate in sospeso dal progetto di trattato, e sarà inviato ai deputati europei, chiamati a confermare o meno il Ttip». Non c’è dubbio: ancora una volta la Merkel ha stravinto, mostrando un’intelligenza politica superiore. (ItaliaOggi)

redazione a cura Ufficio stampa Sivemp Veneto – 22 novembre 2014 

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