Scompare la legislazione concorrente tra Stato e Regioni e sono ampliate le competenze statali tra cui la salute. Alle Regioni, invece resta la competenza legislativa esclusiva nell’organizzazione dei servizi sanitari e sociali regionali. È questo il cuore della riforma costituzionale che disegna il nuovo Titolo V, approvato oggi in prima lettura da Palazzo Madama. Con 183 voti a favore e 4 astenuti (le opposizioni Gal, Lega, Sel e M5S hanno scelto di non partecipare al voto per rimarcare le critiche alla riforma) il Ddl Boschi “recante disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, il contenimento dei costi delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della Costituzione” è stato approvato in prima lettura al Senato.
Ora il provvedimento passa alla Camera per la seconda lettura (i Ddl di rango costituzionale devono superare quattro letture, più un referendum confermativo). La novità principale tra le tante riguarda, come recita il titolo del Ddl, la revisione del Titolo V. In questo senso scompare la legislazione concorrente tra Stato e Regioni e sono ampliate le competenze esclusivamente statali.
Il Ddl costituzionale modifica l’art. 117 della Costituzione e interviene sull’attuale sistema di ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni. Il cuore della norma consiste nell’abolizione della legislazione concorrente e l’aumento delle competenze esclusive in capo allo Stato.
L’attuale legislazione concorrente in materia di tutela della salute viene cancellata. Allo Stato resta la competenza esclusiva sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (tra cui i Lea), ma anche la competenza sulle norme generali per la tutela della salute, la sicurezza alimentare e la tutela e sicurezza del lavoro.Alle Regioni, invece, va la competenza legislativa esclusiva nell’organizzazione dei servizi sanitari e sociali regionali.
Inoltre, viene introdotta una “clausola di supremazia” per lo Stato per cui su proposta del Governo, la legge dello Stato può intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale.
Oltre al nuovo Titolo V nei 40 articoli che compongono il Ddl sono presenti una serie di norme: dal referendum, al numero di senatori; fino all’abolizione delle province passando per la fine del bicameralismo perfetto, che intendono ridisegnare l’assetto istituzionale dello Stato.
Senato dei 100
Questa è la novità di cui più si è parlato. La fine del Senato elettivo. La prossima “Camera Alta” sarà composta da 95 membri rappresentativi delle istituzioni territoriali e cinque di nomina presidenziale. Saranno i Consigli regionali e i Consigli delle Province autonome di Trento e Bolzano a scegliere i senatori, con metodo proporzionale, fra i propri componenti. Inoltre ciascuna Regione eleggerà un senatore tra i sindaci dei rispettivi territori. La ripartizione dei seggi tra le varie Regioni avverrà in proporzione alla popolazione. In più nessuna Regione potrà avere meno di due senatori. La durata delmandato dei senatori coincide con quella che si ha nei propri organi territoriali.
Fine del bicameralismo perfetto
Basta con le navette da una camera all’altra se in fase di approvazione di una legge viene cambiata anche una virgola. L’art.70 della Costituzione quindi cambia. Montecitorio avrà competenza legislativa salvo alcune materie (come quelle etiche, lo prevede un emendamento approvato contro il parere del Governo) su cui dovrà intervenire anche il Senato. La Camera, sulla legge di bilancio, avrà l’ultima parola decidendo a maggioranza semplice di non conformarsi ai rilievi posti dal futuro Senato.
Addio alla Provincie
Vengono abolite le provincie.
Fiducia al Governo
Sarà Montecitorio ad avere il rapporto “fiduciaro” con l’esecutivo, votando o revocando la fiducia al Governo.
Ddl Governo hanno corsia preferenziale
Iter più veloce per i Ddl che riguardano l’attuazione del piano di governo con l’introduzione di una corsia preferenziale. Restano tuttavia escluse da questa le materie che sono anche di competenza del Senato, le leggi elettorali, la ratifica dei trattati internazionali e tutte quelle materie per cui è necessaria una maggioranza speciale, come le eleggi costituzionali e le leggi di contabilità.
Basta senatori a vita
Il Capo dello Stato può nominare senatori cittadini che abbiano illustrato, per i loro altissimi meriti, la Patria. Questi senatori durano in carica 7 anni e non possono essere nuovamente nominati. Gli unici senatori a vita saranno, d’ora in avanti, gli ex presidenti della Repubblica, che si sommeranno ai senatori di nomina presidenziale e agli attuali senatori a vita, che restano in carica a tutti gli effetti.
Fine indennità per senatori
La riforma prevede che l’indennità stabilita dalla legge spetti ai soli deputati.
Si all’immunità per i senatori
I nuovi senatori godranno dell’immunità parlamentare e non avranno, quindi, un trattamento diverso dai deputati. Resta dunque la disposizione in base a cui l’arresto, l’intercettazione e il sequestro disposto nei confronti di un parlamentare possano essere eseguiti solo se con l’autorizzazione della Camera di appartenenza
Indulto e amnistia
Queste sono competenze solo della Camera dei Deputati.
Poteri di inchiesta
La Camera potrà svolgere inchieste su materie di pubblico interesse. Il Senato invece su materie di pubblico interesse che riguardano le autonomie territoriali. Ogni Camera quindi nominerà fra i propri componenti una commissione che avrà gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.
Elezione e competenze del Capo dello Stato
I delegati regionali non faranno più parte della platea degli elettori del Capo dello Stato, e cambia il quorum per l’elezione del prossimo presidente della Repubblica. L’elezione ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza dei due terzi dell’assemblea. Dopo il quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. Dopo l’ottavo scrutinio basta la maggioranza assoluta. Inoltre, con l’eliminazione dell’elezione diretta del Senato e la modifica delle sue competenze, cambiano le funzioni del Capo dello Stato. Così, ad esempio, il presidente della Repubblica potrà sciogliere solo la Camera dei deputati. E qualora il Capo dello Stato sia impossibilitato a svolgere le sue funzioni, viene sostituito non più dal presidente del Senato, bensì dal presidente della Camera. IL presidente della Repubblica potrà rinviare alle Camere, prima della promulgazione, anche singole parti di legge.
Cnel
È stabilita l’abolizione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.
Cambia il referendum
Restano 500mila le firme necessarie per chiedere un referendumabrogativo se però le firme arrivano a 800mila il quorum si abbassa e saràsufficiente che vada a votare la metà più uno dei votanti delleultime elezioni politiche. Sono introdotti i referendumpropositivi e d’indirizzo. Per presentare una leggi diiniziativa popolare bisognerà raccogliere 150mila firme.
Oltre 20 materie tornano allo Stato centrale. Costi standard in Costituzione
di Roberto Turno. Più di venti materie che abbandonano il terreno scivoloso delle «competenze concorrenti» fra Stato e Regioni e tornano nella responsabilità esclusiva dello Stato, per provare a superare la griglia di veti incrociati e di variabili territoriali che in questi anni hanno bloccato molti settori e intasato di ricorsi la Corte costituzionale.
Messa in ombra nel dibattito politico dalla querelle su Senato delle Regioni, indennità e dissidenze varie all’interno dei partiti, la riforma del Titolo V contenuta nel disegno di legge costituzionale approvato ieri in prima lettura al Senato ha almeno lo stesso valore economico del ridisegno delle istituzioni.
Anzi, sul piano dei conti il capitolo più importante del progetto costituzionale è rappresentato proprio dalla redistribuzione delle competenze fra Stato e Regioni. A suggerirlo sono i costi del “federalismo frettoloso” approvato nel 2001, che in questi anni ha moltiplicato le spese (+57% dal 2002 al 2013) e le entrate fiscali (+81,4% nello stesso periodo) senza però attenuare il peso del bilancio statale. Nel tentativo di migliorare le performance dei conti pubblici territoriali, la riforma mette in Costituzione i «costi standard», parametri di riferimento per fare in modo che a ogni territorio siano garantite solo le risorse necessarie a svolgere le funzioni fondamentali al “giusto prezzo”, e scaricare sugli amministratori locali la responsabilità di chiedere tasse in aggiunta per finanziare le spese in più. L’idea era già contenuta nella legge delega sul federalismo fiscale del 2009, ma è stata travolta dalla crisi e dalle tante resistenze incontrate sulla strada della trasparenza.
Se i costi standard, anche se “costituzionalizzati”, restano allo stadio di promessa, la centralizzazione di molte competenze rappresenta una delle pre-condizioni indispensabili per far ripartire la nostra economia in affanno.
A tornare al centro, prima di tutto, è un gruppo di materie la cui attribuzione alla «competenza concorrente» con le Regioni era apparsa irrazionale fin dal 2001. Tra queste ci sono senza dubbio il «commercio con l’estero», le «infrastrutture strategiche», le «grandi reti di trasporto», i porti e gli aeroporti oppure l’energia, tutti ambiti che hanno naturalmente bisogno di una regia forte a livello nazionale. Per un inciampo in commissione, che aveva diviso in modo confuso fra Stato e Regioni le competenze ambientali, questa evoluzione ha rischiato di deragliare proprio su una materia strategica, perché l’ambiente ovviamente si incrocia con le decisioni in materia di energia, trasporti e infrastrutture in genere. Un emendamento firmato dalla relatrice Anna Finocchiaro (Pd) e votato dall’Aula di Palazzo Madama ha però rimediato al problema.
Tutta la riforma, però, si ferma ai confini delle Regioni a Statuto speciale. Le norme transitorie del Ddl prevedono infatti che le nuove regole «non si applicano alle regioni a Statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano sino all’adeguamento dei rispettivi statuti»: una clausola che può lasciare per sempre le cose come stanno.
Quotidiano sanità e Sole 24 Ore – 9 agosto 2014