Dario Dongo*. Il 31 maggio il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo per sanzionare le violazioni al regolamento CE n.1924/06, sulle indicazioni nutrizionali e salutistiche dei prodotti alimentari (1). Si tratta di un passo avanti, all’insegna della certezza del diritto su un’area oggetto di continua attenzione. I controlli e le sanzioni sono affidati alla competenza dell’Amministrazione sanitaria, vale a dire Ministero della salute, Regioni e le Asl (Aziende sanitarie locali). Siamo di fronte a un passaggio doveroso, previsto già nel 2004 nel cosiddetto regolamento controlli, nel definire l’ambito delle attività sottoposte al coordinamento del Ministero della salute.
Il regolamento prevedeva di “garantire le pratiche commerciali leali per i mangimi e gli alimenti e tutelare gli interessi dei consumatori, comprese l’etichettatura dei mangimi e degli alimenti e altre forme di informazione dei consumatori” (2).
Il successivo regolamento sull’informazione al consumatore dei prodotti alimentari ha ribadito la responsabilità degli Stati membri sui controlli estesi alle indicazioni nutrizionali e sulla salute (3).
Ne deriva che i consumatori, le loro Associazioni e gli altri soggetti interessati potranno rivolgersi direttamente agli enti preposti ai controlli ufficiali sugli alimenti per segnalare sospette non-conformità presenti nelle etichette, nella pubblicità e anche sul web. Il Governo, le Regioni e le Province autonome, una volta chiariti i rispettivi ruoli nel controllo ufficiale non solo relative alla sicurezza degli alimenti ma anche sulla conformità delle informazioni commerciali, avranno titolo per attivare programmi di formazione dei propri ispettori anche su questi temi. L’obiettivo è garantire l’efficacia e l’omogeneità della vigilanza sull’intero territorio nazionale, grazie anche a linee guida che il ministero potrà fornire.
I consumatori e le Associazioni potranno rivolgersi direttamente agli enti preposti per segnalare sospette non-conformità nelle etichette e nella pubblicità. Le sanzioni introdotte dal decreto rispondono a un principio di stretta legalità, nel senso che ogni violazione della norma in tema di indicazioni nutrizionali e salutistiche (4) sarà soggetta a specifica sanzione amministrativa in denaro, fatto salvo il dovere delle Autorità di controllo di denunciare alla competente Procura della Repubblica ogni eventuale notizia di reato (5), come nel caso di un’ipotesi di un possibile reato di frode in commercio (6). Poichè infatti, laddove il fatto costituisca reato, sarà data prevalenza al procedimento penale e alle sanzioni previste per questo.
Gli importi delle sanzioni amministrative stabilite nello schema di decreto variano da un minimo di 1.000 a un massimo di 40.000 euro, in relazione alla gravità della violazione contestata. Quando la sanzione pecuniaria supera i 7.500 euro, l’ente accertatore potrà disporre la pubblicazione dell’estratto del provvedimento – con sintetica descrizione dell’illecito, il suo autore e la sanzione comminata – su due quotidiani a diffusione nazionale. Tutta questa operazione deve avvenire a spese del trasgressore. In caso di recidiva è prevista la possibilità di imporre la sospensione dell’attività per un periodo compreso tra i 10 e i 20 giorni.
L’impianto sanzionatorio appare efficace e deterrente, non tanto per le pene pecuniarie ma soprattutto per le misure accessorie che possono incidere sulla reputazione dei marchi coinvolti (il cosiddetto name & shame, di scuola anglosassone). I prossimi passi per la definizione dell’iter normativo saranno l’esame del progetto di decreto legislativo da parte della Conferenza Stato-Regioni e delle Commissioni parlamentari competenti.
1) Decreto_Sanzioni_Claim_2013
(2) reg. CE 882/04, articolo 1.1.b
(3) reg. UE 1169/2011, considerando n. 52
(4) reg. CE 1924/06 e successive modifiche, da ultimo intervenute con reg. UE 432/2012 e 536/2013
(5) ai sensi del codice di procedura penale, art. 331 :”Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico esercizio”
(6) codice penale, articolo 515, comma 1: “Chiunque, nell’esercizio di un’attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 2.065“.
Dario Dongo – Il Fatto alimentare – 17 giugno 2013