Medici laureati e abilitati, ma non specializzati, negli ospedali? Lo prevedono due delibere presentate il 14 agosto dalla Regione Veneto, che, per far fronte alla carenza di specialisti, propone di impiegare 500 medici con la sola abilitazione nei pronto soccorso e nei reparti di Medicina e Geriatria, dopo un corso di 92 ore in aula più due mesi di tirocinio in corsia. Una soluzione, questa, che non convince la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO).
“Il rimedio è peggiore del male – spiega il presidente FNOMCeO, Filippo Anelli – e avrà un duplice effetto negativo: quello di abbassare la qualità dell’assistenza ai cittadini e quello di precludere a questi giovani colleghi qualsiasi possibilità di carriera, impiegandoli a tempo indeterminato ma di fatto con una precarietà legata alle incertezze sull’inquadramento contrattuale e sulle modalità di copertura assicurativa. E questo in un momento in cui il Governo centrale ha aumentato i posti nelle specializzazioni”.
“La carenza di specialisti è un problema reale, non inaspettato perché da tempo annunciato dalla FNOMCeO e dai sindacati, al quale va trovata una soluzione seria e strutturale – continua Anelli -. Soluzione che può essere individuata nell’impiego, negli ospedali, degli specializzandi degli ultimi anni, colleghi già formati che possono completare sul campo il percorso avviato, unitamente all’aumento delle specializzazioni”.
Nessuna preclusione di principio, da FNOMCeO, neppure verso la formazione – lavoro proposta dal Ministro Grillo, se condotta in un tempo congruo, pari a quello delle attuali specializzazioni, e in affiancamento con l’Università.
“La proposta della Regione Veneto, così come è stata presentata, prevedendo un corso di pochi mesi ci pare invece volta, con il pretesto dell’emergenza, a mandare allo sbaraglio professionisti con minori competenze, che finirebbero per diventare una sorta di ‘manodopera professionale’ a buon mercato e senza possibilità di evoluzione – argomenta Anelli -. Non possiamo permetterlo, non possiamo permettere un task shifting, un trasferimento di competenze tra medici più e meno formati, così come tra medici e infermieri, o tra infermieri e operatori socio-sanitari, che finirebbe per abbassare la qualità del sistema. Un sistema che, se sino ad oggi ha retto pur provato da pesanti definanziamenti, è stato grazie alle competenze dei Medici e degli altri operatori sanitari, ognuno per il proprio ruolo. Perché vogliamo privarlo proprio di quelle competenze, che ne sono linfa vitale?”.
“L’emergenza – urgenza, la Medicina, la Geriatria, non sono le Cenerentola del Servizio Sanitario nazionale: sono anzi le discipline con cui il paziente viene a contatto nei momenti più critici della sua vita, e nelle quali le competenze, l’esperienza, la prontezza degli operatori possono fare la differenza – conclude il presidente FNOMCeO -. Solo un mese fa commentavamo i dati OCSE, che vedono un calo nell’aspettativa e qualità di vita degli italiani, spia di una sofferenza del nostro Servizio sanitario nazionale. È ora che la Politica, a tutti i livelli, si prenda la responsabilità di ridurre tale sofferenza e di riguadagnare ottimali di salute per tutti i suoi cittadini”.