
La nuova sanità. Ecco le carte del piano socio sanitario messo a punto dalla Regione per i prossimi 5 anni. Un’operazione da 9 miliardi
Avviata la riforma della sanità, che il 6 ottobre 2016 ha ridotto le Usl da 21 a 9 lasciando intatti l’Istituto oncologico veneto e le due Aziende ospedaliere di Padova e Verona e ha introdotto l’Azienda Zero come «centrale strategica» per acquisti, personale, assicurazioni, affari legali e altre incombenze amministrative tolte alle aziende sanitarie, ora la Regione pone le basi del nuovo Piano sociosanitario (quello attuale scade il 31 dicembre). Ovvero ridisegna l’assistenza ospedaliera, territoriale e sociale per il quinquennio 2019/2023: costo 9 miliardi di euro. Dopo il nulla-osta della giunta Zaia, passerà in commissione Sanità per discussione, audizioni ed eventuali modifiche ed entro la fine dell’estate dovrebbe approdare in aula.
L’assistenza territoriale
Dal territorio le novità più ghiotte. La prima riguarda il futuro dei 3161 medici di famiglia: il consiglio regionale dovrà decidere se mantenerli in regime di convenzione, passarli invece in regime di accreditamento, cioè comprare da loro un pacchetto di prestazioni, oppure assumerli. Quindi renderli dipendenti della Regione. «Se ne parla da un anno — rivela Fabrizio Boron, presidente della commissione Sanità — assumerli significherebbe farli lavorare 38 ore a settimana invece di 17, renderli più disponibili alle visite domiciliari e più tecnologici. E ci consentirebbe di inviarli anche nei piccoli paesi o nelle frazioni, soprattutto di montagna, in cui adesso non vogliono andare. La rivisitazione del loro contratto nasce dalla duplice esigenza di offrire al cittadino un servizio più puntuale e capillare e nello stesso tempo di svuotare dai codici bianchi i Pronto soccorso».
Salta così definitivamente il progetto degli ambulatori h24, tecnicamente Medicine di gruppo integrate. «Sono stati definiti economicamente insostenibili dal ministero dell’Economia e dalla Corte dei Conti — spiega l’assessore alla Sanità, Luca Coletto — perciò i 55 già attivati restano, gli altri 31 vengono fermati». Non cambiano però le parole d’ordine dell’assistenza territoriale, che sono: cronicità e non autosufficienza. Il nuovo Piano prevede un modello a piramide che misura tre livelli di cronicità: semplice (una singola patologia, un quadro clinico non complesso o patologie multiple non complesse); complessa e avanzata. Per capire quanti cittadini inserire nei tre livelli il Veneto utilizzerà, primo in Italia, il sistema ACG, che partendo dai dati epidemiologici già raccolti dalle Usl censirà la distribuzione delle patologie sul territorio, con l’obiettivo di calibrare interventi e risorse sui reali bisogni della popolazione. ACG è un sistema di mappatura che riconosce la maggiore o minore concentrazione di malattie nei diversi luoghi geografici. Dopodichè i pazienti cronici saranno presi in carico dai 26 Distretti, che verranno riorganizzati con team multidisciplinari composti da medici (soprattutto geriatri e internisti), infermieri, assistenti sociali e altri professionisti. Saranno sviluppati percorsi individuali di terapia, coinvolgendo l’assistenza domiciliare integrata, le strutture intermedie (Hospice, ospedali di comunità), potenziate da 1200 a 2mila letti, e case di riposo. Nascerà un numero unico dedicato alle richieste di aiuto da parte di pazienti e familiari e si consoliderà il ruolo delle Centrali operative territoriali, chiamate a coordinare gli interventi a sostegno della cronicità complessa e avanzata .
Le Ipab
Il terzo caposaldo dell’assistenza territoriale è la riforma delle Ipab. «Ora ce ne sono 200 — spiega l’assessore al Sociale, Manuela Lanzarin — 175 sono case di residenza per anziani e disabili, di cui il 90% non autosufficienti. Con oltre 15mila posti letto e 8mila operatori, rappresentano il 70% dell’offerta residenziale per non autosufficienti e ricevono dalla Regione 215 milioni di euro l’anno di contributi. Ora vanno riorganizzate: ci sarà almeno un’Ipab per provincia e dovranno garantire più servizi, anche a domicilio. Diverranno il punto di riferimento per la cura della cronicità». E poi, per i disabili, sarà messo a punto il progetto del «Dopo di noi», che prevede moduli abitativi con la presenza h24 di operatori, dove possibile il reinserimento lavorativo, centri diurni e ricoveri di sollievo temporanei utili alle famiglie per tirare il fiato.
Gli ospedali
Minori le novità sul fronte della rete ospedaliera: arriveranno con le schede, che giunta Zaia e commissione Sanità dovranno vagliare dopo l’approvazione del Piano sociosanitario. Restano tutti gli attuali 68 ospedali (42 pubblici e 26 accreditati, per un totale di 16.500 letti, 3 ogni mille residenti) e anche i punti nascita sotto i 500 parti l’anno. Salgono a 3mila i letti di riabilitazione (0,5 per mille), arrivano la cartella clinica elettronica e specialisti nei Serd per la prevenzione e la presa in cura dei dipendenti dal gioco d’azzardo. Che, insieme ai parenti, riceveranno anche sostegno psicologico. Il Veneto proseguirà infine la battaglia contro la carenza di medici, reclamando dallo Stato più borse di studio nelle scuole di specialità o la possibilità di assumere negli ospedali neolaureati e di farli specializzare direttamente sul posto di lavoro.
Leggi anche Medici di base assunti e trattati da dipendenti. «Partiamo subito». Le critiche dei sindacati. Zaia accelera sulla sperimentazione
Il Corriere del Veneto – 9 maggio 2018