Il ministero dell’Interno, con nota del 25 settembre scorso, risponde alla prefettura di Brescia sulla qualifica delle guardie zoofile volontarie di nomina prefettizia. È stato richiesto, invero, se le guardie zoofile di nomina prefettizia rivestano la qualifica di polizia giudiziaria quando siano autorizzate a svolgere attività di vigilanza venatoria e nell’esercizio di quest’ultima, nonché se detta attività debba essere sottoposta al coordinamento della Provincia. In ordine alla prima questione si richiama la nota n. 557/B.15629.12982 (6) del 28 agosto 2003 con la quale è stato trasmesso alle prefetture e alle questure un parere del ministero della Giustizia che ha condiviso l’orientamento del Dipartimento della pubblica sicurezza nel senso dell’esclusione del riconoscimento delle qualifiche pubblicistiche di agente e di ufficiale di polizia giudiziaria nei confronti delle guardie venatorie volontarie.
Tale parere e la giurisprudenza in esso citata hanno trovato ulteriori conferme nelle sentenze della Cassazione Penale n. 23631 dell’11 giugno 2008 e n. 34688 del 23 settembre 2011, le quali richiamandosi ai numerosi precedenti della stessa Corte, hanno ribadito il principio per cui nello svolgimento di compiti di vigilanza venatoria, le guardie volontarie non svolgono funzioni di polizia giudiziaria (pur rivestendo la qualifica di pubblici ufficiali per consolidata giurisprudenza).
La citata sentenza n. 23631 ha affermato tale principio proprio in un caso di sequestro di fauna selvatica protetta eseguito da guardie zoofile, nominate ai sensi dell’articolo 6 della legge n. 189/2004, distinguendo chiaramente i campi della vigilanza volontaria previsti rispettivamente da quest’ultima legge (il maltrattamento e l’impiego in combattimenti clandestini o in competizioni non autorizzate degli animali «da affezione», cioè «i classici animali domestici o di compagnia») e dalla legge n. 157/1992 (la tutela della fauna selvatica in relazione all’attività della caccia).
Pertanto, secondo la Cassazione, alle guardie zoofile riconosciute dal Prefetto ai sensi dell’art. 6, comma 2, della legge n. 189/2004, «considerato il chiaro tenore, letterale di tale nomina», possono essere riconosciute funzioni di polizia giudiziaria solo nei limiti delle finalità proprie di tale ultima legge e con «esclusivo riferimento alla categoria degli animali da affezione». Quanto al secondo quesito, l’attività di vigilanza venatoria è da ritenere soggetta al coordinamento della Provincia anche nei casi in cui sia legittimamente esercitata da guardie zoofile, tenuto conto del carattere generale della disposizione contenuta nel 7° comma dell’art. 27 della legge n. 157/1992.
Ben ha fatto, quindi, la Provincia di Brescia, unica in Italia a sviscerare definitivamente questo tema grazie alla sensibile attenzione posta dal prefetto per cui, rifacendosi a un parere del ministero di Giustizia e alla giurisprudenza della Cassazione penale, l’Ufficio per gli affari della polizia amministrativa e sociale del Dipartimento della pubblica sicurezza ha, infatti, ribadito che le guardie zoofile di nomina prefettizia, quando svolgono attività di vigilanza venatoria, non sono agenti di polizia giudiziaria; di conseguenza le guardie zoofile, nel controllare un cacciatore, non possono sottoporlo a perquisizione, personale o domiciliare, né adottare misure cautelari reali come il sequestro penale probatorio. Le guardie zoofile, come le guardie venatorie volontarie di nomina provinciale, sono invece pubblici ufficiali e, quindi, il cacciatore sottoposto al controllo deve, se richiesto, declinare le proprie generalità ed esibire i titoli autorizzativi. Il ministero dell’Interno ha, altresì, stabilito che le guardie zoofile, quando svolgono attività di vigilanza venatoria, sono soggette al coordinamento della Provincia e, come nel nostro caso, conformarsi al Regolamento provinciale che disciplina appunto tale attività volontaristica.
BresciaOggi – 29 ottobre 2013