La “mission” attribuita dal Comitato di Settore a questo rinnovo contrattuale, secondo l’interpretazione esplicitata nell’articolo di Alessi e Proia su Quotidiano Sanità (ridare la giusta motivazione professionale al personale del Ssn), pare interessante e largamente condivisibile. Ma se alle parole seguiranno i fatti lo sapremo solo quando inizierà la trattativa vera. Questa iniziativa inusuale traccia la strada per un confronto più costruttivo e su nuove basi o è invece solamente una manovra tattica? Il comportamento della controparte nei prossimi mesi ci chiarirà se al suo interno è in atto un cambiamento ed un nuovo corso o se nulla cambia, a parte le parole. Un intervento di Giuseppe Montante. Per il contratto della dirigenza, si farà sul serio? Legittimo porsi questa domanda dopo 7 anni di blocco contrattuale nazionale e di comportamenti deregulatori in materia contrattuale da parte delle Istituzioni periferiche. Il distaccato scetticismo, dettato dall’esperienza degli ultimi anni, questa volta probabilmente dovrà convivere con un moderato e cauto ottimismo.
Molti sono, infatti, gli elementi nuovi che rendono probabile l’inizio della contrattazione nazionale presso l’ARAN nei prossimi mesi. Fra questi, quelli più importanti e significativi sul piano procedurale sono:
– la recentissima firma definitiva da parte delle Confederazioni Sindacali, rappresentative dei dipendenti del Pubblico Impiego, e del Governo del Contratto Collettivo Nazionale Quadro sulla ridefinizione dei Comparti e delle Aree contrattuali dopo 7 anni di melina inconcludente;
– la definizione ufficiale da parte del Comitato di Settore del Comparto Sanità, in rappresentanza delle Regioni, degli Atti di Indirizzo all’ARAN per il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale del Comparto Sanità e dell’Area della dirigenza del ruolo sanitario;
– la necessità forte e sempre più importante da parte delle Aziende Sanitarie e delle Regioni di modificare alcune norme dei CCNL per evitare il rischio di perseguibilità da parte delle Autorità competenti.
La possibilità che la trattativa inizi nel prossimo autunno-inverno, non significa che esista una certezza sul fatto che la Parte Pubblica si impegni seriamente, fin dall’inizio, in questa trattativa e che essa si concluda in breve tempo. Tra l’altro, gli Atti di indirizzo, recentemente definiti dal Comitato di Settore, sono stati appena inviati ai Ministeri competenti per il controllo e validazione e risulta poco probabile pensare ad una loro rapida approvazione prima di una decisione in merito alla massa economica messa a disposizione che rimane in attesa delle decisioni della Legge di stabilità.
Un ruolo importante sulla durata breve o lunga della trattativa nazionale per la Dirigenza del Ruolo Sanitario e sull’esito l’avranno anche i contenuti dell’Atto di indirizzo e le modalità di sviluppo attuativo di questi proposte dalla Parte Pubblica, nonché la loro capacità di intercettare e soddisfare le proposte e le necessità delle OO.SS in rappresentanza della categoria. I contratti si fanno in due, quando ambedue i contraenti hanno dei vantaggi!
La “mission” attribuita dal Comitato di Settore a questo rinnovo contrattuale, secondo l’interpretazione esplicitata nell’articolo di Alessi e Proia su Quotidiano Sanità del 22 luglio 2016 (ridare la giusta motivazione professionale al personale del Ssn), pare interessante e largamente condivisibile.
A partire dalle loro affermazioni sul personale dipendente che:
– costituisce il patrimonio più importante del S.S.N. grazie alla ricchezza e molteplicità di competenze e di professionalità elevate presenti al suo interno;
– rappresenta il fattore principe di una qualsiasi politica che miri all’ottimizzazione dei costi e della governance;
Ne deriva che:
– investire sul patrimonio professionale dei propri dipendenti è un dovere del S. S. N.;
– investire in tal caso significa aumentare per gli stessi le certezze contrattuali, le tutele professionali, il riconoscimento del merito e delle professionalità.
L’articolo viene concluso con l’auspicio che la futura contrattazione nazionale possa essere l’occasione buona per realizzare questo investimento ed in tal modo ridare ai dipendenti forti motivazioni.
Non ci tranquillizzano però le discordanze risultanti dal confronto di alcune delle ipotesi di innovazione contrattuale contenute nell’Atto di Indirizzo per il CCNL della Area della Dirigenza del ruolo sanitario proposte con la “mission” attribuita al nuovo CCNL e le affermazioni correlate.
La proposta di correzione della frequente incertezza attuativa delle norme contrattuali, evocata nell’articolo come una delle condizioni che mina l’aspetto motivazionale del dipendente, basa i suoi strumenti attuativi essenzialmente su una maggiore semplificazione e chiarezza delle norme contrattuali e su una maggiore cogenza dei contratti individuali, come se questa piaga fosse solamente conseguenza della complessità delle norme e di una genericità dei contratti individuali e non invece di una voluta politica di deregulation attuativa da parte delle aziende sanitarie, non ostacolata e in alcuni casi addirittura stimolata dalle Regioni. Se la certezza attuativa viene realmente ritenuta un valore importante, a queste proposte correttive se ne dovrebbero aggiungere altre più efficaci (ad es.: previsione di una Autority indipendente di controllo sulle aziende che ne certifichi i comportamenti contrattuali, una qualche forma di deterrenza nei casi di violazioni e/o omissioni contrattuali accertate e reiterate, ecc.).
La proposta di modifica della struttura contrattuale, che ipotizza ampi spazi di autonomia procedurale ed una maggiore rilevanza dei contenuti della contrattazione aziendale all’interno del quadro delle certezze proposte, presa alla lettera faciliterebbe la politica aziendale di deregulation delle norme contrattuali con il risultato peggiorativo di rendere meno perseguibili le violazioni dal Pretore del Lavoro. Ben diverso sarebbe invece il risultato se questo potenziamento della contrattazione aziendale utilizzasse, come avviene nelle aziende private, finanziamenti aziendali aggiuntivi a quelli previsti dai fondi contrattuali, risultanti da interventi attivi da parte dei dipendenti sulla riduzione e/o ottimizzazione della spesa.
La proposta di ridisegnare per via contrattuale un percorso di carriera verticale alternativo a quello gestionale, con linee applicative del trattamento economico sovrapponibili ai diversi livelli dei due percorsi, in linea teorica non sarebbe in discordanza con gli auspici presenti nell’articolo.
Il puntare solamente sull’auspicio di una eguaglianza economica dei due percorsi di carriera (non facile da realizzare compiutamente fin quando perdura la politica d’impoverimento del fondo di posizione), senza curarsi della importanza sul piano motivazionale della individuazione al livello nazionale di una tassonomia concreta ed adeguata delle tappe di carriera nel percorso professionale e della definizione chiara ed inequivocabile dei livelli minimi di competenza e di autonomia professionale richiesti e del livello di responsabilità collegata, rischia di minimizzare fortemente le ricadute positive che si potrebbero avere sul piano motivazionale. L’Ipotesi poi che questo percorso di carriera possa essere tratteggiato al livello nazionale solamente nei principi generali, lasciandone al livello aziendale non solo l’attuazione ma anche lo sviluppo suscita delle forti perplessità sulla reale possibilità di realizzazione diffusa.
Il combinato disposto delle proposte contrattuali innovative sull’orario di lavoro dovuto (non più la dimensione numerica prevista dal CCNL, bensì quello derivante dagli obiettivi assegnati) e sui riposi (reintroduzione mediante deroghe contrattuali di condizioni di forte disagio lavorativo quasi identiche a quelle preesistenti prima dell’imposizioni da parte della Europa delle disposizioni europee) sono ben distanti dall’auspicio che il nuovo CCNL aumenti la fidelizzazione dei dipendenti e rigeneri le motivazioni professionali del lavoratore. Il disagio e la mortificazione del lavoratore e di conseguenza la sua disaffezione nei riguardi delle Aziende Sanitarie deriva anche e soprattutto dagli eccessivi carichi di lavoro, dai riposi e dalla dignità di professionista negata.
Stride fortemente inoltre l’enfatizzazione del riconoscimento del giusto merito per il dipendente come fattore fondamentale per il rilancio in positivo degli aspetti motivazionali con la mancanza nell’Atto di Indirizzo di una qualsiasi proposta contrattuale mirante a ridurre gli effetti perversi anti merito professionale del D. Lgs. 122/2010, che dà la facoltà alle aziende di assegnare al dirigente senza l’obbligo di motivazione un incarico dirigenziale di minore responsabilità e di minor valore economico, pur in presenza di verifiche professionali positive.
Queste discrepanze fra le affermazioni contenute nell’articolo ed alcune delle proposte presenti nell’Atto di indirizzo sono frutto, forse, dell’esistenza di punti di vista diversi e forse di un confronto ancora irrisolto.
È, comunque, la prima volta dopo tanti anni che due importanti funzionari del Comitato di Settore del Comparto Sanità fanno pubblicamente tali dichiarazioni sul personale dipendente del Ssn. Dichiarazioni fra l’altro molto simili nella sostanza a quelle che le organizzazioni sindacali della Dirigenza del ruolo sanitario fanno da tempo nella assoluta indifferenza della controparte.
Questa iniziativa inusuale traccia la strada per un confronto più costruttivo e su nuove basi o è invece solamente una manovra tattica? Il comportamento della controparte nei prossimi mesi ci chiarirà se al suo interno è in atto un cambiamento ed un nuovo corso o se nulla cambia, a parte le parole.
Giuseppe Montante (Vice Segretario Nazionale e Responsabile politiche contrattuali Anaao Assomed)
Quotidiano sanità – 30 luglio 2016