da Il Sole 24 Ore. Tre amministrazioni su dieci mancano ancora all’appello della piena trasparenza sui pagamenti. Un anno dopo l’arrivo dell’obbligo di pubblicare online l’indicatore di tempestività dei pagamenti, solo il 70% degli enti pubblici è in regola. Tanto che il Governo ora rilancia con il decreto Irpef: l’articolo 8 del Dl 66/2014 ribadisce l’obbligo di mettere sul sito i tempi del saldo fatture e i bilanci preventivi e consuntivi, prevedendo in futuro anche un portale unico per queste informazioni. Obblighi che, insieme ad altri, esistono da un anno, esattamente dal 20 aprile 2013, data di entrata in vigore del decreto 33 sulla trasparenza, provvedimento voluto dalla legge anticorruzione 190/2012. L’adeguamento della Pa è, però, lento e incompleto, come segnala la Bussola della trasparenza, un software del dipartimento della Funzione pubblica che periodicamente controlla 11.288 siti della Pa.
Ebbene i risultati dell’ultimo monitoraggio – datato 23 aprile – dimostrano che accanto a un buon tasso di adeguamento convivono forti sacche di resistenza. Certo, la normativa richiede agli enti pubblici uno sforzo enorme: sono ben 246 le tipologie di informazioni da rendere accessibili in formato aperto su internet. Eppure c’è chi si è arreso subito, senza neanche darsi la pena di modificare l’home page del sito per creare la sezione «Amministrazione trasparente»: il 22% non l’ha neanche attivata. Peraltro la «Bussola» controlla solo la presenza del link e non i contenuti, e non sono pochi gli enti che si limitano a prevedere lo spazio, lasciandolo senza informazioni.
Una parte degli inadempienti si trova nelle Regioni autonome, che si sono schierate a favore di regole proprie sulla trasparenza. Ma anche nelle Regioni ordinarie restano gli irriducibili: Campania e Calabria, per esempio, non arrivano al 70% (rispettivamente 68% e 69%), in compagnia dell’Umbria (69%). La classifica dei “virtuosi” è invece guidata da Friuli Venezia Giulia (90%) e Piemonte (89%), seguiti dal Veneto (84%).
Le informazioni sulle società partecipate sono “postate” solo sul 67,4% dei siti pubblici. Nel Lazio (appesantito dalle amministrazioni centrali) solo un ente su due mette online la mappa delle partecipazioni, delle poltrone e dei compensi per i vertici; in Lombardia il 72%, in Veneto il 74 per cento. In Campania si è adeguato il Comune di Napoli, mentre i municipi più piccoli continuano ad arrancare.
A fare la differenza non è tanto il solito criterio geografico (tutto sommato il Mezzogiorno tiene testa al Nord), quanto quello dimensionale: più o meno in tutte le Regioni sono i piccoli Comuni a restare indietro.
I dati sul personale dipendente si trovano in buona parte dei siti delle amministrazioni (72%). Questo campo è, però, uno di quelli dove si rischia l’eccesso di informazioni. Intanto, perché ogni amministrazione ha procedure proprie nell’inserimento dei dati – in questo senso potranno rivelarsi utili le buone pratiche che l’Anac sta raccogliendo attraverso una consultazione pubblica – e inoltre per la mole di notizie con cui spesso si ha a che fare. L’unione dei due fattori rende complicato districarsi all’interno dei siti.
Quanto alla politica, sarà perché i riflettori sono già accesi dai magistrati in ben 16 Regioni, sarà perché il tema è all’attenzione dei media, fatto sta che l’87% delle amministrazioni elettive ha reso noto online i rendiconti dei gruppi politici. E in ben dieci Regioni si è ormai raggiunto il 100% degli adempimenti.
Anche per le liste d’attesa delle visite mediche presso le Asl ci sono Regioni a pieno regime: in Emilia Romagna, Marche, Sardegna e Trentino Alto Adige siamo al 100 per cento. E comunque, il tasso di trasparenza in questo settore supera l’85 per cento. C’è però da dire che alcune Asl – che pure dichiarano di avere il polso dei tempi d’attesa, in realtà si limitano a semplici dichiarazioni d’intenti – totalmente inutili per il cittadino che vuole sapere quanto impiegherà per effettuare una visita o un esame.
Il presidente Anac Cantone: «Informazioni accessibili per arginare le tangenti»
Raffaele Cantone si insedia oggi nel ruolo di presidente dell’Anac, l’Autorità contro la corruzione. Vi arriva a pochi giorni dal compleanno del decreto 33, il provvedimento che, in ossequioalla legge 190 del 2012 controle tangenti, ha previsto una serie di obblighi perché le amministrazioni siano più trasparenti. «Latrasparenza – afferma Cantone – è il tema centrale nella lotta alla corruzione. Tanto più i fatti sono noti, tanto più è difficile effettuare operazioni illecite. Si tratta, però, di scegliere la modalità della trasparenza: un eccesso può, infatti, essere poco utile. Non basta rendere tutti i dati pubblici sui portali. È necessario che siano anche acquisibili da parte di chi vi è interessato».
Traguardo ancora lontano per le pubbliche amministrazioni.
La scelta della legge 190 di puntare sulla trasparenza è stata intelligente. Non era però pensabile che nel giro di unannosi sarebbe riusciti a creare meccanismi di trasparenza pienamente fruibili. Quelle evidenziate dal monitoraggio sono, pertanto, defaillance in qualche modo fisiologiche. L’obiettivo è ora utilizzare quei risultati per poter intervenire sulle situazioni che non vanno. Ripeto: il problema non è il quantum di trasparenza, ma la sua qualità. Solo questo consente di attivare meccanismi di controllo che sul piano della democrazia sono talvolta più importanti di quelli amministrativi e giudiziari.
Il decreto 33 configura una trasparenza intelligente o c’è un eccesso di trasparenza? Il Garante della privacy disse che i dati personali chiesti alle pubbliche amministrazioni erano troppi. Il Governo, però, tirò dritto per la sua strada.
Il decreto 33 va nel senso della trasparenza intelligente. È certamente perfettibile, ma la scelta di fondo la condivido al cento percento. La privacy èun’esigenza fondamentale, ma è necessario dosarla con gli altri diritti. Se ho un incarico pubblico, accetto implicitamente una limitazione della mia riservatezza. Così se partecipo a un appalto pubblico. La privacy non può e non deve essere un limite a tali forme di trasparenza, che sono il sale della democrazia. Certo, bisogna trovare il giusto equilibrio, ma ci sono momenti pubblici in cui è giusto che la riservatezza lasci spazio alla trasparenza.
Da oggi è presidente di un ufficio incompleto.
La situazione è particolare: il presidente entra in funzione senza gli altri componenti del collegio. L’operatività sarà, dunque, ridotta. Bisogna, pertanto, confidare che vengano presto nominati gli altri componenti. Al tempo stesso devo, tuttavia, registrare che la mia nomina è stata votata all’unanimità da entrambi i rami del Parlamento. È un segnale di grande attenzione che politica e istituzioni hanno dato verso la lotta alla corruzione.
L’Anac ha conservato anche le competenze di valutazione proprie della Civit. Non è un po’ troppo per un’Autorità di dimensioni contenute?
Il tema della revisione dei compiti dovrà essere affrontato dalla politica e penso che all’interno di una valutazione dei poteri dell’Autorità ci debba essere anche il tema dello scorporo dei compiti divalutazione. Èperòanche vero che una dirigenza efficiente è essa stessa un argine alla corruzione.
Quali saranno i primi interventi?
Lavorare sulla possibilità di interfacciarsi con gli organismi internazionali. La conoscenza dell’Autorità anticorruzione oltreconfine può essere utile per migliorare l’immagine del nostro Paese.
Il Sole 24 Ore – 28 aprile 2014