Sulla vicenda dell’uccisione dell’orsa Daniza il Sottosegretario all’Ambiente Barbara Degani il 13 novembre, a istanza di due mesi dalla morte dell’animale, ha risposto alle interrogazioni dei deputati Gagnarli (M5S) e Oliverio (Pd) che avevano chiesto al Ministro Galletti di fornire chiarimenti sulle “operazioni di cattura” che hanno condotto all’uccisione dell’orsa e sulla modifica dell’Accordo interregionale sulla conservazione dell’orso bruno (Pacopace), che introduce la categoria di “orso dannoso”. Il Sottosegretario ha ribadito che le operazioni condotte per la cattura e narcotizzazione dell’orsa Daniza sono state svolte in maniera conforme al Pacobace e ai pareri tecnici espressi dall’Ispra. Per quanto riguarda i motivi del decesso dell’orsa, Degani ha riferito che non è attualmente possibile una informata ed esaustiva valutazione dell’accaduto in quanto non risultano disponibili i risultati degli esami autoptici affidati all’IzsVe, su incarico della Provincia di Trento, e all’Izs del Lazio e della Toscana, su incarico della Procura di Trento.
Peraltro, immediatamente dopo la tragica conclusione delle operazioni di cattura dell’orsa, il Ministero dell’ambiente aveva richiesto alla Provincia una dettagliata relazione circa l’accaduto. “Per comprendere se vi siano stati errori nelle azioni messe in atto dagli operatori incaricati dalla Provincia di Trento per la cattura dell’orsa Daniza, ovvero si sia trattato di una tragica fatalità, sarà necessario attendere i risultati della perizia disposta dalla competente Procura, che ha aperto un fascicolo per l’ipotesi di reato di maltrattamento nei confronti dell’orsa e dei suoi cuccioli, conseguente alla denuncia presentata dal Corpo Forestale dello Stato”.
Dall’esame degli elementi conoscitivi forniti dalla Provincia di Trento, Degani ha delineato una dinamica degli eventi.
Il testo della risposta dell’onorevole Barbara Degani, sottosegretario all’Ambiente
Le operazioni di cattura si sono svolte avvalendosi della tecnica del free ranging (tiro all’animale libero), attendendo l’orsa in corrispondenza di una carcassa di pecora da essa stessa predata la notte precedente. La squadra di cattura era formata da 4 operatori e dal veterinario. L’orsa è giunta sulla carcassa assieme ai due cuccioli alle ore 19:25, e quindi colpito con il narcotico, da 5 metri di distanza, nella coscia destra. Il peso dell’orsa, all’atto della preparazione del narcotico veniva stimato in circa 80 kg. La preparazione dell’anestetico è stata effettuata secondo quanto indicato nel protocollo adottato abitualmente dagli operatori dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento, per quanto concerne il supporto veterinario alle operazioni di cattura.
Nella fattispecie, poiché il peso stimato era inferiore ai 100 kg, è stato possibile fare riferimento all’opzione anestesiologica che prevede l’utilizzo della medetomidina in associazione a tiletamina/zolazepam. In considerazione dell’età dell’animale si è ritenuto opportuno ridurre il dosaggio di circa il 15 per cento in modo che la dose di farmaco effettivamente somministrata è stata pari a quella prevista, secondo il protocollo, per un animale di circa 70 kg, a fronte di un peso effettivo successivamente registrato pari a 106 kg. Di fatto all’animale sono stati somministrati 1,75 mg di medetomidina e 315 mg dell’associazione tiletamina/zolazepam.
La ricerca dell’animale è iniziata dopo 10 minuti dalla inoculazione del narcotico, così come prescritto dal protocollo. Una volta raggiunto si è atteso ancora qualche minuto che il narcotico facesse effetto. Non appena l’animale si presentava pressoché immobile, il veterinario intraprendeva, come da prassi, le prime valutazioni circa le sue condizioni di salute, e già da subito risultava evidente una grave compromissione della funzionalità cardiaca e respiratoria. Venivano, allora, intraprese le opportune procedure meccaniche di rianimazione cardiopolmonare, ma dopo circa 10 minuti di tentativi il veterinario dichiarava il decesso dell’animale.
La stessa orsa era già stata oggetto in Trentino di tre catture, nel 2007, 2011 e 2013; la prima volta in free ranging, le altre due con trappola tubo alla quale era seguita, ovviamente, la narcosi.
Riguardo i presupposti dell’ordinanza contingibile e urgente adottata dalla Provincia Autonoma di Trento, è importante sottolineare che tale strumento eccezionale e derogatorio era già stato adottato in precedenza, più in particolare con riferimento a un’orsa che non aveva aggredito esseri umani, ma solo predato bestiame. In tale occasione il Ministero dell’ambiente aveva presentato ricorso al TAR e, successivamente, al Consiglio di Stato, ma in entrambi i casi era stata riconosciuta la legittimità dell’ordinanza, sì da ritenere, allo stato, assolutamente legittimo l’atto adottato dalla Provincia nel caso dell’orsa Daniza.
Prima di giungere a tale determinazione, la Provincia ha riferito che la Struttura Tecnica che segue la popolazione di orsi ha adottato, nel corso degli anni, tutte le azioni previste dal «Piano d’Azione interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali», più semplicemente Pacobace, per cercare di condizionare Daniza, quali: intensificazione del monitoraggio, tre catture con rilascio per il radiomarcaggio, ventisei uscite della squadra di emergenza negli anni dal 2007 al 2013.
Tali misure sono state adottate in ragione del carattere dell’orsa, confidente verso l’uomo, che l’ha portata a compiere dei danni vicino ad abitazioni. Secondo la Provincia, tali attività hanno manifestato una potenziale pericolosità del soggetto, cosa che ha comportato la necessità di un monitoraggio intensivo e di ripetuti interventi di dissuasione. In particolare, l’orsa ha effettuato due falsi attacchi, senza conseguenze, dovuti all’avvicinarsi di alcune persone a piccoli di precedenti cucciolate il 13 maggio 2008 e il 24 maggio 2012.
L’aggressione e il ferimento di un uomo lo scorso 15 agosto ha indotto, da ultimo, all’adozione dell’ordinanza finalizzata alla cattura dell’orsa. A loro volta, le qualificate valutazioni svolte da Ispra sull’argomento, con le quali veniva testimoniato che i dati scientifici a disposizione evidenziavano che i cuccioli di orso bruno che perdono la madre nella stagione estiva presentano in genere buone probabilità di sopravvivenza nel medio e lungo periodo, hanno confortato la Provincia nel dare senz’altro attuazione alla propria ordinanza, nella considerazione che il rischio nei confronti dei cuccioli dell’orsa rientrasse in parametri di relativa sicurezza, nonostante la diversa posizione espressa dal Corpo Forestale dello Stato.
Mantenere i due cuccioli in regime di libertà, anche in caso di captivazione della madre, era stata una scelta motivata sia dall’importanza di non sottrarre altri due esemplari dal nucleo di orsi trentini, sia dalla volontà di evitare loro un futuro in cattività, in quanto è cosa nota, in particolare ai tecnici e agli operatori del settore, che esemplari di orso bruno sottoposti a captivazione prolungata difficilmente possono essere reintrodotti nell’ambiente naturale a causa delle modificazioni comportamentali che la fase di cattività determina in questa specie.
La scelta di lasciarli in libertà, seppure attentamente monitorati al fine di assicurare la tempestiva registrazione di eventuali comportamenti anomali o di condizioni di denutrizione e/o mancato benessere, è stato quindi frutto di una attenta valutazione di tutta la letteratura scientifica esistente sull’argomento, che ha trovato, peraltro, ampio supporto da parte dei numerosi esperti internazionali interpellati per l’occasione da ISPRA.
Circa l’attuale condizione dei due cuccioli, valga ricordare che uno di essi era stato radiomarcato subito dopo la cattura della madre. Per diversi giorni i due cuccioli si sono mossi insieme in aree già precedentemente frequentate, allo stato attuale risulta che si siano separati, anche se i tecnici ipotizzano un nuovo ricongiungimento.
A fine ottobre il cucciolo radiomarcato ha perso il dispositivo. Una valutazione svolta congiuntamente dalla Provincia Autonoma di Trento, ISPRA e il Corpo Forestale dello Stato, sentiti anche esperti internazionali, ha fatto ritenere opportuno non procedere ad una nuova cattura per apporre strumenti di radiomarcaggio. E ciò sulla base di una valutazione complessiva dei rischi derivanti dall’operazione, che ha tenuto conto della possibilità di comunque monitorare i cuccioli attraverso forme meno intensive – quali foto trappole, avvistamenti e altro – a fine di assicurare la tempestiva registrazione di eventuali comportamenti anomali o di condizioni di denutrizione, nonché in ragione dell’attuale stato di salute dei cuccioli, che attualmente pesano intorno ai 40 kg, che non fanno ritenere opportuni, in questa fase, ulteriori interventi diretti su di essi.
Il monitoraggio continuativo dei due cuccioli sul campo, infatti, ha consentito di accertare che essi si muovono in modo indipendente e hanno adottato comportamenti confortanti: gli animali hanno dimostrato elusività nei confronti dell’uomo e delle sue attività, buona capacità di recuperare alimenti dall’ambiente naturale e utilizzano in modo completo l’areale a loro noto frequentando entrambi i versanti della Val Rendena.
Il monitoraggio a regime viene condotto in maniera comunque intensiva (alcune ore al mattino e alcune ore la sera) avvalendosi del personale più esperto. Tutte le localizzazioni vengono trasferite in mappa per garantire un quadro completo ed aggiornato sugli spostamenti dei cuccioli.
Era stato messo a disposizione degli orsetti un supporto alimentare solo nelle primissime fasi successive alla perdita della madre (4-5 giorni), nelle vicinanze del sito di cattura. Da quando i cuccioli hanno cominciato a spostarsi non è stato più necessario, né opportuno, fornire loro altro cibo. La dieta attuale è principalmente vegetale.
Poiché i cuccioli si spostano lungo i percorsi insegnati dalla madre, per ridurre i rischi di investimento da parte di autoveicoli, è stata collocata della segnaletica stradale luminosa in corrispondenza di diversi tratti stradali posti sull’asse Tione-Madonna di Campiglio, noti per i numerosi attraversamenti di Daniza registrati negli anni passati.
Inoltre, sono state all’uopo predisposte apposite linee guida per la gestione dei cuccioli di orso privi di madre, elaborate dal Servizio Foreste e Fauna anche con il concorso di alcuni tra i massimi esperti europei nella gestione dell’orso, che potranno rappresentare, in prospettiva, un documento di indirizzo gestionale utile anche per altri casi analoghi che dovessero presentarsi.
In merito, infine, alla ventilata ipotesi di introdurre modifiche al «Piano d’Azione interregionale per la Conservazione dell’Orso Bruno sulle Alpi Centro-Orientali» (Pacobace) occorre precisare che essa non nasce come iniziativa unilaterale della Provincia di Trento, ma come risultato di un gruppo di lavoro tecnico che ha coinvolto tutte le Istituzioni firmatarie del «Piano».
Le repliche
«Le risposte, che hanno in gran parte comunicato dati che già conoscevamo, non ci convincono – ha affermato la deputata M5S, Chiara Gagnarli, che ha presentato una delle interrogazioni – e rimane il fatto che a due mesi dall’uccisione di Daniza non abbiamo ancora avuto ancora alcuna risposta che chiarisca l’accaduto con una vera assunzione di responsabilità». Ancora una volta, conclude Gagnarli, «si mette a nudo l’incapacità di gestione della fauna protetta da parte degli enti preposti, che non riescono a gestire e ricorrono sommariamente a misure drastiche come l’uccisione ingiustificata di una mamma che protegge i suoi cuccioli».
“Non possiamo ritenerci soddisfatti della risposta che il sottosegretario all’Ambiente Barbara Degani ci ha fornito” affermano i deputati del Pd Nicodemo Oliverio e Michele Anzaldi, che lo scorso 15 settembre hanno presentato un’interrogazione parlamentare al ministero dell’Ambiente. “Sono trascorsi ormai più di due mesi dalla cattura con la telenarcosi e poi dal decesso dell’orsa e ancora non sono disponibili i risultati dell’autopsia da parte di nessuno dei due laboratori che stanno indagando sui motivi della morte di Daniza– dicono Oliverio e Anzaldi- un’attesa tanto lunga, senza un valido motivo scientifico, per un’analisi richiesta dalla magistratura è davvero incomprensibile. Poco convincenti ci appaiono inoltre le motivazioni sulla pericolosità dell’esemplare femmina di orso bruno che hanno determinato l’azione della provincia autonoma di Trento, nonostante le richieste del Corpo forestale dello Stato di un’ulteriore riflessione per individuare una soluzione”.
A cura ufficio stampa Sivemp Veneto – 18 novembre 2014