Pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 19 aprile il Dlgs 39/2013 che dà attuazione all’articolo 1 della legge anticorruzione. Stop di cinque anni agli incarichi dirigenziali per i condannati per reati alla Pubblica amministrazione, anche con sentenza di primo grado, e blocco definitivo se la condanna è per corruzione, concussione o peculato. Inoltre stop alle porte girevoli con la politica e l’impossibilità di aspirare a un posto da dirigente in Regione o in un ente locale con più di 15mila abitanti se negli ultimi due anni si è fatto parte della Giunta o del consiglio regionale o nell’ultimo anno si è stati sindaci, presidenti, assessori o consiglieri in un ente locale all’interno della stessa Regione. La griglia delle incompatibilità si estende anche alle aziende sanitarie, che non potranno ospitare ex politici nelle proprie caselle di vertice
Con il Dlgs 39/2013 pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» viene data un’attuazione, rigida nelle intenzioni, alle norme sull’incompatibilità e l’inconferibilità degli incarichi dirigenziali introdotte dall’articolo 1, commi 49 e 50 della legge «anticorruzione» (legge 190/2012). Regioni, Province e Comuni hanno tre mesi di tempo per adeguare i propri ordinamenti, dopo di che interviene lo Stato con potere sostitutivo.
La griglia delle incompatibilità si estende anche alle aziende sanitarie, che non potranno ospitare ex politici nelle proprie caselle di vertice (direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo). L’inconferibilità è biennale per chi ha fatto il premier, il ministro o il sottosegretario alla sanità, solo annuale nel caso degli ex parlamentari e triennale per chi ha operato come politico in Regione o ha amministrato un ente pubblico di livello regionale: il semaforo rosso si accende per due anni anche per chi si è seduto in una Giunta o in un consiglio all’interno di un ente locale con più di 15mila abitanti.
Sul versante delle condanne, in linea con la parte della legge «anticorruzione» che conferiva la delega al Governo, è sufficiente come accennato una sentenza di primo grado per chiudere all’interessato le porte di un vertice amministrativo, per cinque anni nei casi di reati contro la Pubblica amministrazione e per sempre se il reato è quello di corruzione, concussione o peculato. Naturalmente, quando la sentenza non è definitiva può essere ribaltata nei successivi gradi di giudizio, con la conseguenza di far decadere anche l’inconferibilità.
Oltre a regolare il traffico degli incarichi, che oltre agli ex politici diretti alla dirigenza si interessa anche delle evoluzioni in senso opposto, il Dlgs si preoccupa ovviamente anche di indicare le verifiche e le sanzioni per chi viola le nuove regole. Sul primo versante, il decreto introduce un doppio sistema di controlli, interni ed esterni. La vigilanza interna spetta al responsabile anti-corruzione, che contesta il problema all’interessato e segnala i casi di possibile violazione a tre controllori esterni: l’Autorità nazionale anti-corruzione (a cui va girato anche il provvedimento di revoca), l’Antitrust e la Corte dei conti, perché si verifichino anche le eventuali responsabilità amministrative. Chi ha conferito l’incarico poi annullato per l’inconferibilità, infatti, sarà chiamato a rispondere delle «conseguenze economiche» degli atti adottati, e per tre mesi non può più procedere agli affidamenti degli incarichi di propria competenza.
Roberto Turno – Il Sole 24 Ore – 20 aprile 2013