I concorsi con riserva di posti al 50% in favore dei precari «dovranno essere banditi nel rispetto degli attuali vincoli finanziari, e del turn-over (al 20% nel 2014; al 50% nel 2015)». Saranno selezioni che «garantiranno la meritocrazia e potranno parteciparvi solo una parte dei 251mila precari della Pa (i circa 130mila della scuola sono infatti esclusi). Potranno accedervi i lavoratori con contratto a tempo determinato con almeno tre anni di servizio negli ultimi cinque anni, più coloro che non sono stati messi in ruolo pur avendo i requisiti secondo la legge Prodi. Ci sarà un monitoraggio. E una volta ammessi alla selezione questi precari “censiti” sosterranno il concorso come tutti gli altri: saranno valutati i loro titoli professionali e di studio, e dovranno affrontare le prove selettive».
Una sorta di «concorso di secondo livello». Il ministro della Funzione pubblica, Gianpiero D’Alia, è soddisfatto del via libera lunedì al pacchetto sul pubblico impiego; e sui precari – in un colloquio con Il Sole 24 Ore – tiene a precisare: «Non faremo stabilizzazioni. Abbiamo disegnato un percorso per affrontare, gradualmente, il nodo del precariato, nel rispetto delle normative vigenti».
Per esempio, «se nel 2014 il ministero degli Esteri avrà 100 pensionamenti, potrà coprire con concorso 20 posti, di cui 10 da riservare al personale precario. E per quanto riguarda i restanti 10, prima di bandire la selezione, bisognerà verificare, per quei profili, l’assenza di graduatorie vigenti, approvate dal 1? gennaio 2008. Se invece ce ne sono si dovrà assumere da lì; ed eventualmente, dopo, bandire il concorso». Insomma, un cammino selettivo, come ribadito dallo stesso premier, Enrico Letta, senza più scorciatoie, e con l’obiettivo di trattenere nella pubblica amministrazione personale «che comunque negli anni di lavoro svolto ha maturato una importante professionalità, che ora gli viene riconosciuta».
Secondo gli ultimi dati del Conto annuale della Ragioneria dello Stato i precari nelle amministrazioni pubbliche sono oltre 251mila (133mila del comparto scuola, ma non interessati a queste nuove norme); e di questa platea complessiva ben il 70% lavora nelle Regioni e negli enti locali. Si punta quindi a mettere un freno al lavoro flessibile (primi passi per avvicinare il lavoro pubblico a quello privato): d’ora in avanti, spiega D’Alia, «i contratti a tempo determinato dovranno avere una causale obbligatoria, ed essere utilizzati per prestazioni eccezionali e temporanee». Il ministro fa un nuovo esempio: «Il sindaco di un comune che ha bisogno di 10 vigiIi urbani in più in estate, potrà utilizzare i contratti a termine; mentre non potrà farlo un’amministrazione che vuole utilizzare per i suoi uffici tecnici nuovo personale. In questa ipotesi difficilmente si intravedono le esigenze esclusivamente temporanee ed eccezionali. In caso di violazioni gli eventuali rapporti di lavoro sono immediatamente nulli e il responsabile risponderà per danno erariale», oltre a non vedersi erogata la retribuzione di risultato.
Importanti sono anche le norme sulle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni; un settore cresciuto negli anni, spesso con scarsi controlli. «Qui vogliamo vederci chiaro. Ci sarà un censimento delle spese per il personale; e in futuro – annuncia D’Alia – ci saranno tagli».
Il ministro conferma come la gestione delle circa 8mila eccedenze nella Pa (da spending review) avverrà in parte con l’esodo anticipato (protratto dal decreto fino al 2015 con le regole preFornero) e, in parte, con la mobilità obbligatoria. Mentre valuta «molto importanti» le norme sul collocamento obbligatorio dei testimoni di giustizia («si assumeranno 88 persone che hanno sfidato la criminalità») e quelle sulle procedure eccezionali di mobilità del personale amministrativo per coprire i vuoti d’organico del ministero della Giustizia, stimati in circa 8mila unità.
Sul fronte invece dei tagli alla spesa le nuove misure introducono un nuovo giro vite su auto blu e consulenze (costano rispettivamente 1,2 miliardi e oltre un miliardo). Si sposta al 31 dicembre 2015 il termine (già previsto al 31 dicembre 2014) fino al quale la Pa non potrà acquistare autovetture; e in più c’è una sforbiciata sui costi del 20 per cento. Per studi e incarichi le spese vengono tagliate del 10%; e si prevedono sanzioni per chi non rispetterà le nuove disposizioni: «Le risorse vanno spese al meglio – evidenzia D’Alia – non possiamo più permetterci sprechi».
Il Sole 24 Ore – 28 agosto 2013