Mobilità obbligatoria ma senza esuberi. Ruolo unico per i dirigenti pubblici. Stretta su liti temerarie, sospensive e incompatibilità dei giudici amministrativi. Pin unico per tutti i cittadini. Addio al “trattenimento in servizio” per assumere 10-15mila giovani. Sono gli ingredienti principali della riforma della Pa proposta dal governo Renzi. Per ora ci sono solo le linee guida contenute in una lettera ai dipendenti pubblici che il premier ha illustrato ieri in conferenza stampa. Fino a fine maggio via alla consultazione pubblica. Il 13 giugno Consiglio dei ministri con un decreto e un disegno di legge. «Non si fanno le riforme della Pa insultando i lavoratori pubblici. Che nel pubblico ci siano anche i fannulloni è fatto ovvio. Meno nota è la presenza di tantissime persone di qualità che fino ad oggi non sono state coinvolte nei processi di riforma. Persone orgogliose di servire la comunità e che fanno bene il proprio lavoro».
L’annunciata rivoluzione della Pa arriva nell’ultimo giorno di aprile, come promesso nel Consiglio dei ministri delle “slide” del 12 marzo scorso, ma arriva non con i provvedimenti approvati dal governo bensì con un’insolita lettera ai dipendenti pubblici in cui si invitano i lavoratori a dire la loro sulle linee guida annunciate. «Sarà per noi importante leggere le vostre considerazioni, le vostre proposte, i vostri suggerimenti. Scriveteci all’indirizzo rivoluzione@governo.it», si conclude la lettera firmata Matteo Renzi e Marianna Madia.
Una sorta di mega-consultazione, dunque, che sarà aperta dal 30 aprile al 30 maggio. Poi l’approvazione delle misure in Consiglio dei ministri venerdì 13 giugno. Una cautela certamente dovuta alla difficoltà di mettere a punto norme in una materia vastissima, ma anche e soprattutto a necessità elettorali. Come ammette lo stesso premier quando lamenta in conferenza stampa che «se starnutisco dicono che lo faccio per la campagna elettorale». E perciò se un rallentamento c’è stato sulla riforma del Senato, se gli 80 euro arriveranno in busta paga dopo il 25 maggio, se la riforma della Pa sarà varata solo il 13 giugno è anche – spiega Renzi – per sottrarre gli interventi del governo alle polemiche e recriminazioni della campagna per le europee.
Nel caso della riforma della Pa c’è tuttavia una preoccupazione in più, che naturalmente il premier non dice: contenendo al suo interno molti punti a forte rischio impopolarità tra i dipendenti pubblici, storico bacino elettorale per il centrosinistra, è meglio rimandare la definizione dei dettagli a dopo le europee. Non è un caso che Renzi, per il terzo giorno di seguito, rassicura sul fatto che il problema esuberi non si pone (Cottarelli aveva fatto la cifra di 85mila esuberi): «In Italia non c’è il tema degli esuberi nella Pa. Abbiamo meno dipendenti di Francia e Gran Bretagna. La riorganizzazione della Pa non nasce dalla spending review. Non è un problema di soldi. Il punto vero è l’efficienza della Pa». Niente esuberi (per i quali si prevede al massimo la possibilità di un «demansionamento») e per ora, aggiunge Madia, neanche prepensionamenti. Piuttosto ci saranno da 10mila a 15mila nuove assunzioni con l’abrogazione dell’istituto del trattenimento in servizio.
Quanto al rapporto con i sindacati, la stessa scelta di inviare una lettera direttamente ai lavoratori è una risposta. Non ci saranno tavoli di concertazione. «La Camusso? È Marianna Madia che ha la delega a questa risposta – scherza Renzi rispondendo alle domande dei giornalisti –. C’è forse l’idea che il tramite del sindacato sia vincolante e imprescindibile? Mandare una mail a tutti i lavoratori credo sia un bene, io l’ho fatto sempre. Siamo ansiosi di conoscere ciò che verrà in termini di opinioni e di riflessioni e sono sicuro che molti saranno d’accordo sulla riduzione del 50% dei permessi sindacali… In ogni caso si discute ma poi si decide, sennò siamo al bar sport».
Tre le linee guida illustrate: capitale umano (e qui si parla di ricambio generazionale, di mobilità obbligatoria, di mercato del lavoro della dirigenza ossia della possibilità di licenziare il dirigente inattivo dopo un tot di tempo, di misurazione reale dei risultati, di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro con asili nido nelle amministrazioni); tagli agli sprechi e riorganizzazione dell’Amministrazione (e qui si parla di abolizione di enti che non servono più o che sono doppioni, di taglio delle prefetture che saranno al massimo 40, di accorpamento delle sovrintendenze e gestione manageriale dei poli museali fino ad arrivare all’accorpamento di Aci, Pra e Motorizzazione); infine il capitolo trasparenza, semplificazione e digitalizzazione dei servizi (confermata l’introduzione del Pin del cittadino, per il quale ci vorrà un anno). Il progetto è più che ambizioso e mira davvero a rivoluzionare il corpaccione della burocrazia. Renzi deve però prima arrivare al 13 giugno superando il giudizio delle urne.
Il Sole 24 Ore – 1 maggio 2014