Sospensione cautelare senza stipendio e contraddittorio entro 48 ore da quando viene accertata la falsa attestazione della presenza in servizio. Immediato avvio del procedimento disciplinare, che dovrà concludersi entro 30 giorni. La condotta della «falsa attestazione» sul luogo di lavoro rileverà anche davanti alla Corte dei conti, con l’introduzione, ed è una novità: l’azione di responsabilità «per danno d’immagine» della Pa nei confronti del dipendente assenteista (che se condannato dai magistrati contabili dovrà corrispondere all’erario minimo sei mensilità di stipendio, oltre interessi e spese di giustizia). Si irrobustiscono pure le sanzioni nei confronti dei dirigenti responsabili del “travet” infedele: l’eventuale inerzia costituirà fattispecie disciplinare punibile con il licenziamento e in aggiunta, ed è un’altra novità, il loro comportamento sarà qualificato come «omissione d’atti di ufficio».
La bozza in ingresso in Consiglio dei ministri, ieri notte, del Dlgs con il primo giro di vite contro i “furbetti” del cartellino conferma la linea dura annunciata dal governo: rispetto a oggi, viene definita espressamente la fattispecie della «falsa attestazione della presenza in servizio»: cioè qualsiasi modalità fraudolenta posta in essere, anche da terzi, per far risultare il dipendente in servizio e così trarre in inganno l’amministrazione. «La tecnica legislativa utilizzata è piuttosto ampia dal punto di vista oggettivo e soggettivo – spiega Sandro Mainardi, ordinario di diritto del Lavoro all’università di Bologna – in quanto vengono ricomprese sia le condotte dirette che quelle indirette (ingannevoli) di frodi riferite non solo alla totale assenza dal servizio ma anche alle porzioni di orario di lavoro all’interno della giornata lavorativa. Inoltre, a conferma dell’inasprimento disciplinare, è licenziabile non solo chi commette la frode, ma anche chi la favorisce con condotte attive od omissive, comprese, forse, anche quelle di chi, pur a conoscenza dei fatti, non li ha riferiti all’amministrazione».
La bozza di Dlgs conferma che l’accertamento della falsa presenza in ufficio può avvenire in flagranza o mediante strumenti di sorveglianza e registrazione di accessi e presenze. La sospensione è disposta dal dirigente responsabile o dall’Upd (Ufficio procedimenti disciplinari), se ne viene a conoscenza per primo.
Oltre al procedimento disciplinare “velocizzato”, la condotta “assenteista” può essere anche fonte di responsabilità penale (scatta la denuncia) e, come detto, erariale: qui la Corte dei conti è tenuta a dedurre l’interessato per danno d’immagine entro tre mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento (l’azione di responsabilità è esercitata entro i 120 giorni successivi alla denuncia, senza possibilità di proroga). L’ammontare del danno d’immagine risarcibile è rimesso alla valutazione del magistrato «anche in relazione alla rilevanza del fatto per i mezzi d’informazione» e comunque l’eventuale condanna non può essere inferiore a sei mensilità di retribuzione.
Le nuove norme rafforzano pure la stretta sul dirigente responsabile dell’ufficio dell’assenteista. Oltre a prevedere che la mancata sospensione cautelare e la mancata attivazione del procedimento disciplinare (tramite segnalazione all’Upd) possono essere causa di licenziamento per lo stesso dirigente, il legislatore definisce la condotta espressamente come «omissione di atti di ufficio». «Si evoca, così, la fattispecie di reato dell’articolo 328, comma 2 del Codice penale – aggiunge Mainardi – sottolineando che gli obblighi del dirigente in questo ambito corrispondono, più che ad una prerogativa del datore di lavoro, a una vera e propria “funzione pubblica” di un pubblico ufficiale».
Lo schema del Dlgs sul licenziamento disciplinare
La bozza del Dlgs sulla Conferenza dei servizi
Claudio Tucci Il Sole 24 Ore – 21 gennaio 2016