Dal Corriere del Trentino. Cattura e «captivazione permanente», o abbattimento. Questo il destino che attende l’orso resosi protagonista mercoledì dell’aggressione ai danni di Wladimir Molinari nei boschi sopra Cadine. Lo stabilisce l’ordinanza firmata ieri da Ugo Rossi dopo il confronto con Gian Luca Galletti. Prima, però, gli uomini della forestale dovranno individuare il «colpevole». Il governatore ha espresso al ministro dell’Ambiente anche un’altra necessità, quella di «cambiare le regole» e prevedere di porre un tetto al numero di orsi presenti in Trentino. Molinari, un 45enne del posto, stava correndo insieme al suo cane (al guinzaglio) in mezzo al bosco. Quando, improvvisamente, si è trovato davanti un orso. L’uomo ha cercato di difendersi dal plantigrado, rimanendo però ferito in diverse parti del corpo — testa, arti superiori e addome — a causa di una decina di zampate dell’animale e di diversi morsi. Anche il cane avrebbe reagito, rimanendo ferito a un orecchio.
Alla fine l’uomo, pur se in stato di choc, è riuscito a fuggire. Fortunatamente, il 45enne ha trovato poco distante un biker che gli ha prestato i primi soccorsi. Sul posto sono intervenuti quindi gli operatori del 118, con un’ambulanza e un elicottero, i vigili del fuoco della zona e i carabinieri. Molinari è stato portato all’ospedale Santa Chiara di Trento per essere curato: l’uomo ha riportato ferite su tutto il corpo per morsi e graffi. Nella colluttazione Molinari ha anche perso due denti. Nella notte è stato operato per un’arteria lesionata: la prognosi è di trenta giorni. Secondo quanto appurato dai forestali, l’orso sarebbe stato da solo, senza cuccioli.
L’ordinanza di giovedì del governatore Rossi prende atto dell’aggressione di mercoledì a Cadine, ipotizza che l’esemplare responsabile sia lo stesso dell’attacco del 29 maggio a Zambana e stabilisce, «alla luce dei protocolli», cosa fare. Primo: monitorare l’area dove si è verificata l’aggressione per prevenire il ripetersi di episodi simili. Secondo: procedere «nel più breve tempo possibile» all’identificazione genetica dell’esemplare responsabile dell’episodio. Terzo: stabilito che questo tipo di attacco pone l’animale al vertice della scala di pericolosità «Pacobace», si autorizza la cattura finalizzata non alla «detenzione» permanente, o, qualora questo non fosse possibile, all’abbattimento dell’esemplare.
Si tratta di decisioni che Rossi aveva già annunciato ieri in mattinata in consiglio provinciale. «Siamo di fronte ad un episodio molto grave rispetto al quale non è opportuno fare strumentalizzazioni — era stata la premessa —. Le decisioni che adotteremo saranno basate sullo stesso principio adottato lo scorso anno in agosto quando si verificò l’altra aggressione: di fronte ad un fenomeno che è dentro le logiche naturali si valuta la gravità e prima viene la vita e la sicurezza delle persone e poi viene la conservazione della natura. Lo scorso anno, nel rispetto delle regole di cui disponiamo, abbiamo applicato lo stesso principio. Mi sono assunto la responsabilità di prendere provvedimenti che hanno portato poi a reazioni sulle quali non ho sentito molta solidarietà — ha affermato replicando agli interventi dell’opposizione —, nemmeno quando la Forestale dello Stato ha minacciato interventi. Quello che noi possiamo fare in relazione alle regole è scritto e ve lo leggo. Nel momento in cui un orso attacca senza essere provocato si possono adottare tre provvedimenti: cattura con rilascio e radiocollaraggio, cattura con captivazione, abbattimento. L’ordinanza dello scorso anno diceva esattamente questo. Io mi sono preso questa responsabilità assieme alla mia giunta l’anno scorso e siamo pronti ad assumerla anche quest’anno». Nel frattempo, si stava tenendo la videoconferenza con ministero e Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). «Coordinarci con le autorità nazionali — ha spiegato rivolto all’aula — serve a vogliamo evitare che qualche organo centrale, sulla base di informazioni scorrette, possa fare rilievi, come lo scorso anno. Anche questa volta la cattura di un orso ha dei rischi come per l’evento infausto dell’anno scorso» quando il plantigrado morì durante la narcosi. «L’altra volta — ha ricordato polemicamente — abbiamo assistito ad un mettere in croce persone e istituzioni rispetto a quella decisione. Noi quei rischi ce li prenderemo anche quest’anno».
La questione di fondo, tuttavia, non è tanto cosa fare dell’esemplare resosi protagonista dell’ultimo episodio, ma cosa fare degli orsi in Trentino. Lorenzo Dellai prima e ora Ugo Rossi avevano già chiesto, senza troppo successo, maggiore autonomia al ministero. Ora, alla luce dell’ultimo attacco, Rossi è tornato alla carica. «Abbiamo delle regole, le abbiamo sempre rispettate e lo faremo fino in fondo. Quanto al cambiarle, già lo scorso anno la Provincia di Trento ha formalizzato al ministero la richiesta di modificarle. Il progetto del 1993 non prevedeva un numero massimo. Noi stiamo chiedendo di definire modalità che vadano oltre a quelle che abbiamo per cercare di modificare ciò che è possibile, compreso la riduzione del numero degli orsi. Le decisioni — ha concluso — le abbiamo prese e difese, talvolta un po’ troppo soli».
È evidente che, in assenza di territori pronti ad accogliere gli orsi trentini, contenerne il numero significa abbatterli quando supereranno la soglia stabilita. Rossi, pur non entrando nel dettaglio della conversazione con il ministro ha riferito che Galletti «condivide la necessità di cambiare le regole».
Gli animalisti: vittima della poca informazione
Sono comprensibili le reazioni istintive e le proposte di una risposta radicale, ma è necessario mantenere la calma e ragionare sulle cause che hanno portato ai recenti incidenti. Concordano su questo punto Lega per l’abolizione della caccia (Lac) e Lega antivivisezione (Lav) prendendo posizione sull’aggressione ai danni di Wladimir Molinari.
È il secondo incontro problematico tra uomini e orsi in Trentino negli ultimi dieci giorni. Se il primo si era risolto senza grosse conseguenze, Molinari, 45enne di Cadine, non è stato altrettanto fortunato: è ricoverato all’ospedale Santa Chiara con ferite su tutto il corpo e nella nottata di mercoledì è stato operato. Trenta i giorni di prognosi.
«Siamo solidali con il ferito e gli auguriamo una pronta guarigione — ha dichiarato Caterina Rosa Marino, direttrice della Lac trentina — è una vittima più della carenza di informazione da parte della Provincia che del comportamento dell’orso». L’impegno a formare i cittadini riguardo i comportamenti da tenere per una corretta convivenza con la fauna selvatica doveva essere tra le priorità della Provincia «già prima che si avviasse il progetto Life Ursus» prosegue Marino, che risponde decisa a chi critica il progetto: «Life Ursus si è concluso nel 2012 con la reintroduzione nel nostro territorio di dieci plantigradi. È stato un piano all’avanguardia nella protezione della biodiversità ma a fronte dell’impegno, encomiabile, a proteggere una specie a rischio è mancata la formazione rivolta alla popolazione». «È inutile ora protestare perché gli orsi si comportano da orsi», sostiene la direttrice, «con loro come con tutta la fauna selvatica, che può essere altrettanto pericolosa, occorre rispettare alcune regole semplici ma rigorose: appendere allo zaino campanelli e sonagli per avvertire della nostra presenza e dare agli animali il tempo di allontanarsi; non lasciare resti di cibo vicino al luogo dove ci si accampa; evitare di portare con sé i cani, una grossa fonte di disturbo per la fauna selvatica».
Lav e Lac invitano a guardare agli Stati Uniti e al Canada, dove la cittadinanza ha imparato a convivere in tranquillità con gli orsi grazie a progetti governativi e all’ampia, capillare informazione per turisti e autoctoni. Riguardo l’eventualità che le due recenti aggressioni siano state condotte dallo stesso esemplare, gli animalisti ribattono seccamente alle proposte di abbattimento: «Prima di saltare alle conclusioni e parlare di “orso impazzito” bisogna considerare come l’incontro con l’uomo sia un trauma anche per il plantigrado, che lo lascia spaventato e innervosito per molti giorni». L’alterazione del ciclo sonno-veglia e i disturbi del metabolismo che conseguono al primo incontro, spiegano, possono acuire nell’orso la sensazione di essere in pericolo e dunque aumentare le probabilità di una risposta aggressiva a un incontro successivo.
L’etologo Mainardi: «Il vero punto è educare la gente. Non bastano generici avvertimenti»
«Se sono vivo è un miracolo». Wladimir Molinari, il quarantacinquenne aggredito mercoledì sera da un orso nei boschi di Cadine, parla dall’ospedale Santa Chiara di Trento. «Non dimenticherò mai quegli occhi neri, voleva mangiarmi» – sussurra, mentre il pensiero corre a quanto accaduto solo un anno fa. Le sue parole come quelle di Daniele Maturi, il fungaiolo che la scorsa estate divise l’Italia intera in fazioni pro e contro Daniza, l’orsa rea di aggressione, successivamente uccisa.
«Il punto è educare, educare, educare, non gli animali, ma la gente» ammonisce il professor Danilo Mainardi, etologo e divulgatore scientifico di fama internazionale. «Una volta create le condizioni per il benessere degli orsi nel territorio è necessario investire risorse per un’educazione su vasta scala delle popolazioni locali» chiarisce, rispondendo a quanti, a seguito dell’aggressione di Cadine (arrivata a poco più di una settimana dall’incidente in val Manara) chiedono a gran voce l’interruzione di Life Ursus o quanto meno le dimissioni dei responsabili del progetto dedicato alla reintroduzione dei plantigradi sui monti trentini.
«Ma Life Ursus può essere utile» riflette Mainardi. «Il monitoraggio degli orsi è un punto di partenza fondamentale per evitare l’estinzione della specie, anche se altrettanto importante è monitorare il comportamento degli umani» ribadisce l’esperto, non risparmiando critiche al comportamento di Molinari, intento a correre con il proprio cane al momento dell’aggressione. «Ecco — specifica — una corsa per i sentieri di montagna al tramonto con un cane può essere una situazione a rischio perché il cane, senza che il padrone se ne accorga, potrebbe disturbare l’orso».
Sull’esatta dinamica, però, si sa ancora poco, nonostante le squadre della Forestale abbiano perlustrato la zona dell’aggressione, raccogliendo peli e residui per risalire all’identità del plantigrado e per ricostruire esattamente quanto avvenuto. «Da quanto emerso fino a ora — azzarda il professore — ad aggredire potrebbe essere stata una femmina». Dopotutto, proprio Daniza insegna quanto possa essere forte il sentimento difensivo e materno di un’orsa. «In ogni caso — conclude Mainardi — bisogna che le persone conoscano le specie che popolano i propri territori e non bastano generici avvertimenti. Così, una formazione puntale, unita a un’adeguata cartellonistica, come accade nei parchi americani, potrebbe evitare che il ripetersi di tali, spiacevoli, incidenti».
Il Corriere del Trentino – 12 giugno 2015