Da martedì si volta pagina: nessun regolamento condominiale potrà più vietare la presenza di animali, né all’interno dei singoli appartamenti e neppure negli spazi comuni. I proprietari di cani o gatti dovranno solo preoccuparsi che i loro amici a quattro zampe non sporchino e non danneggino le proprietà condominiali o altrui e che, ovviamente, non disturbino in alcun modo gli altri condomini. Il 18 giugno entra definitivamente in vigore la legge 220/2012 che integra il codice civile stabilendo, appunto, all’articolo 1138, che «le norme del regolamento condominiale non possono vietare di possedere o detenere animali da compagnia». Questa nuova regola si applica automaticamente, senza bisogno di modificare la difforme clausola del regolamento condominiali, automaticamente sostituito.
L’interpretazione della riforma del condominio (legge 220/2012), data dallo studio n. 320-2013/C del Consiglio nazionale del notariato, mette in evidenza l’immediata incidenza delle nuove disposizioni in vigore dal 18 giugno 2013 e ritiene che in condominio potranno vivere anche i criceti, i pesci rossi e i passerotti. Non solo cani e gatti.
Il principio della Cassazione. Nel primo testo di riforma, il divieto riguardava gli “animali da compagnia”. Proprio di recente i giudici di legittimità hanno riconosciuto “un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia nell’ambito dell’attuale ordinamento giuridico” secondo un’interpretazione evolutiva e orientata dalle norme vigenti, che “impone di ritenere che l’animale non possa essere più collocato nell’area semantica concettuale delle cose” ma “deve essere riconosciuto come essere senziente”. Lo ha affermato la Cassazione con il decreto 13 marzo 2013 nel quale, richiamando tali principi, ha ritenuto che “il gatto, come anche il cane, deve essere considerato come membro della famiglia e per tali motivi va collocato presso il coniuge separato con regolamento di spese analogo a quello del figlio minore”.
Il testo della riforma. Nella stesura finale del nuovo testo dell’articolo 1138 del Codice, però, il termine “da compagnia” è stato sostituito con animali “domestici”. Una differenza che potrebbe prestarsi a lunghe discussioni nelle aule di giustizia. Mentre dovrebbe sempre essere possibile vietare la presenza di animali esotici (come ad esempio i serpenti), non è così chiaro l’inquadramento degli animali d’affezione che non sempre sono “domestici” in senso proprio, come criceti, furetti o – in certa misura – conigli.
Durante l’iter parlamentare si è passati, quindi, dall’ammettere in condominio gli animali da compagnia agli animali domestici. Lo scopo è stato quello di tenere fuori gli animali pericolosi, gli animali da fattoria e tutti gli animali che non hanno consuetudini familiari. Ma la disposizione deve essere interpretata con ragionevolezza e, quindi, sono da ammettere non solo cani e gatti (che possono anche fruire degli spazi comuni), ma anche pesci, criceti e cavie e uccellini da gabbia (che stanno dentro la casa del padrone).
Gli obblighi. Facile immaginare che per pesci e criceti o altri animali a vario titolo ingabbiati non sorgano particolari problemi. Le cose cambiano quando si ha a che fare con un cane o con un gatto. Il problema, tuttavia, è fondamentalmente di educazione dell’animale (e, certamente, anche del padrone). La rimozione di ogni divieto al possesso non cancella infatti gli obblighi di chi ha deciso di accogliere in casa un amico scodinzolante. Rumori molesti, danneggiamenti, condotte che deturpano o imbrattano sono comunque sanzionabili ai sensi degli articoli 635 e 639 del codice penale. Non viene cancellato dunque l’obbligo di ripulire laddove il cane dovesse eventualmente sporcare o di risarcire eventuali danni provocati dal micio avventuratosi nelle proprietà altrui.
Le altre regole. L’accesso degli animali nel condominio, tuttavia, non è fuori da ogni regola. È comunque buona norma rispettare le disposizioni contenute nell’ordinanza del ministero della Salute, entrata in vigore il 23 marzo 2009, che prevede tra l’altro, l’obbligo, per i proprietari dell’animale, di mantenere pulita l’area di passeggio, di utilizzare il guinzaglio in ogni luogo e – nel caso di animali aggressivi – di applicare la museruola. È sempre prevista la responsabilità civile ex articolo 2052 del Codice civile e penale dei proprietari, in caso di danni o lesioni a persone, animali o cose nonché l’obbligo di stipulare, in caso di animali pericolosi, una polizza di assicurazione di responsabilità civile per danni causati da proprio cane contro terzi. Bisogna, infine, rammentare che:
– gli animali non possono essere lasciati liberi di circolare negli spazi comuni senza le dovute cautele sopra indicate;
– i proprietari degli animali debbono comportarsi in modo tale da non ledere o nuocere alla quiete e all’igiene degli altri conviventi dello stabile;
– il condominio, in caso di rumori molesti o di odori sgradevoli per i quali è necessario chiedere la cessazione della turbativa per violazione delle norme sulle immissioni intollerabili ex articolo 844 del Codice civile, può richiedere l’allontanamento dell’animale dall’abitazione in base all’articolo 700 del Codice di procedura civile;
– nel caso di immissioni rumorose è possibile ipotizzare, purché ne sussistano le condizioni, il reato di “disturbo del riposo delle persone” (articolo 659 del Codice civile) (l’elemento essenziale di tale fattispecie di reato è, però, l’idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di persone e non già l’effettivo disturbo alle stesse);
– gli animali non possono essere abbandonati per lungo tempo sul balcone o nelle abitazioni perché si potrebbe ipotizzare il reato di “omessa custodia” (articolo 672 del Codice penale).
Verso il superamento delle dispute? Si tratta di una svolta epocale, destinata a mettere fine, così almeno spera il legislatore, alle numerose diatribe che da sempre sorgono in materia. E che quando non si fermano alle dispute da assemblea o a contenziosi di cui viene investito l’amministratore di condominio (il 92% dei soci dell’associazione nazionale di categoria dichiara di avere affrontato almeno una volta questioni connesse con gli animali) finiscono con l’appesantire ulteriormente la giustizia civile. La norma prende atto del cambiamento di costumi della società italiana dove, secondo le ultime rilevazioni Eurispes, più della metà delle famiglie (il 55,3%) ha in casa uno o più animali domestici. Un dato in forte crescita, se si pensa che solo nel 2012 la quota non superava il 42%. L’animale più diffuso è il cane, presente nel 55,6% dei casi, seguito dal gatto (49,7%), dai pesci (9,7%), dai volatili (9%), dalle tartarughe (7,9%) e a seguire da conigli, criceti o rettili. In diversi casi nella stessa abitazione sono presenti più animali.
Quello che viene meno è il divieto a priori di possedere un animale di compagnia, che cessa di avere effetto anche per i vecchi regolamenti che lo prevedevano.
Solo gli affittuari non potranno opporsi ad un eventuale diniego opposto dal proprietario: il contratto di affitto è infatti di natura privata e se il locatore inserisce una specifica clausola di divieto, questa diviene vincolante una volta apposta la firma di accettazione.
Un’altra novità riguarda le colonie feline, ovvero gli insediamenti spontanei di gatti nei cortili: questi non potranno essere allontanati forzatamente a meno di interventi di soccorso o di carattere sanitario motivato.
Nuove sanzioni per chi disturba la quiete. Da ultimo si ricorda che la nuova normativa sul condominio introduce più severità per chi disturba o provoca danni: infatti per chi viola il regolamento condominiale la sanzione aumenta dalle vecchie 100 lire fino a 200 euro e, in caso di recidiva, la sanzione può arrivare fino a 800 euro.
15 giugno 2013